La band Retrospective giunge con “Re: Search” al quarto
prodotto in studio dopo quasi cinque anni dall’ottimo “Lost
In Perception”. Il sestetto rappresenta al meglio la nuova ondata
Progressive polacca, molto ricca negli ultimi anni di band valide
al riguardo. Fanno parte della scia Riverside, con sonorità
rivolta a gruppi come Porcupine Tree e Tool su tutte.
I Retrospective ritornano con le loro atmosfere, e la mutazione da
crisalide a farfalla è espletata. Gli anni hanno dato esperienza
ed alcuni angoli sono stati smussati a favore di una personalità
più rocciosa e la voce di Jakub Rosak è giusta interprete
del loro sound. Non dimentichiamo tuttavia che “Lost In Perception”
è stato premiato come “Best Polish Progressive Album”
nel 2012.
La Progressive Promotion, come sua consuetudine, propone il prodotto
in un elegante formato cartonato, con tanto di libretto contenente
i testi e l’artwork a cura di Bartlomiej Muselak e Maciej Klimek.
La copertina è ad opera di Dimitra Papadimitriou, oramai stile
e marchio di riconoscimento della musica della band.
Essendo Metal Progressive (se proprio dobbiamo etichettare questa
musica), i riff giocano un ruolo importante, così le melodie
che devono fare da traino al percorso sonoro che in “Re: Search”
è suddiviso in nove episodi.
Sin dall’iniziale “Rest Another Time” si può
godere di una registrazione equilibrata, ulteriore punto in più
a favore del prodotto finale. Non ci sono suite, a favore di canzoni
di media durata che si aggirano attorno ai cinque minuti o poco meno,
questo per l’immediatezza del messaggio emotivo sonoro.
La musica è scorrevole, sostenuta da una ritmica precisa e
senza troppi fronzoli. L’immediatezza e la semplicità
sembra essere entrata in casa Retrospective.
Compaiono spesso atmosfere oscure o che comunque tendono a far immaginare
situazioni dolorose o di disagio. Le tastiere di Beata Lagoda sono
importanti in molti frangenti, come nell’inizio di “Right
Way” e fanno scorrere sulla pelle dei fans Dream Theater più
di un brivido.
“The End Of Their World”, di cui ne esce anche l’ep
nel 2016, è un pezzo che si fa presto apprezzare grazie al
ritornello ruffiano e godibile. Tuttavia per chi vi scrive i momenti
più interessanti dei Retrospective giungono dai movimenti più
introspettivi. Beata canta in “Roller Coaster”, canzone
che potrebbe uscire benissimo dalla discografia Porcupine Tree ultima
era, questo grazie al lavoro delle tastiere. Più convenzionale
“Heaven Is Here” ma nel solo di chitarra, seppur breve,
coglie il suo momento di gloria emotiva. Il discorso è leggermente
differente per “Look In The Mirror”, sunto musicale-culturale
della band, dove mettono a nudo le influenze e le proprie conoscenze.
Più immediata “Last Breath”, un macigno sonoro
graffiante e rude. E dopo l’ottima “Standby”, il
disco si chiude con il brano più lungo (sette minuti) dal titolo
“The Wisest Man On Earth”, crescendo psichedelico dal
mordente Metallico.
I Retrospective puntano sull’immediatezza, pochi giri di parole
e pochi orpelli inutili, tanto che stento molto a relegarli nella
fascia “Progressive”, piuttosto mi viene in mente il termine
Post Prog. Ma a prescindere dalle terminologie, il prodotto è
ben suonato, ben confezionato e ben registrato, e questo è
già risultato. MS
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