A
meno di un anno di distanza dall'interminabile Early Man, estenuante
doppio CD di ambient dark, riecco Roach con un nuovo capitolo della
sua musica medianica e metafisica.
Questo musicista è in attività da una ventina d'anni
e nella sua discografia conta una cinquantina di lavori, un artista
così merita sicuramente rispetto e attenzione, anche se fatico
non poco ad immergermi con convinzione nelle sue opere.
Musica effimera e sfuggente, che non si lascia afferrare dall'ascoltatore,
ma che vaga come un'onda radio nell'etere senza lasciare traccia.
Emozioni sussurrate e sognanti, atmosfere melliflue che carezzano
l'ascoltatore consentendo un introspezione distaccata. Non è
musica che si impone, ma sembra suggerire stati d'animo enigmatici,
quasi distratti, in questo senso i titoli dei brani sono catartici:
"Slow Rising", "Ebb", "Flow", "Present
Moment", "Spirit Moves". In realtà denotano
una scarsa fantasia essendo tutti molto simili nei contenuti, risultando
molto scontati. Meno scontato è il fatto che i brani non evocano
quello che suggeriscono i titoli e alla fine l'ascoltatore si chiede
cosa gli è rimasto di oltre settanta minuti di musica.
Queste composizioni sono simbolo e metafora dell'isolamento intellettuale
e artistico di certi artisti, un po' come quello profetizzato da Waters
in The Wall: c'è un muro di incomunicabilità dietro
cui si cela l'artista che, in perfetta solitudine, compone melodie
destinate a pochi eletti se non addirittura solo a se stesso. GB
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