Rieccolo
Biff Byford coi suoi Saxon con un nuovo album, questa band icona della
NWOBHM è ancora qui nel nuovo millenio e cerca di proporre
oggi come allora la sua formula di metal semplice e diretto. In verità
il gruppo negli anni non ha sempre saputo mantenere alta la bandiera
del genere, ma tutto sommato ha attraversato quasi trent’anni
senza perdere i propri fans.
Il nuovo album vuole dimostrare che il gruppo è ancora in palla
e che è ancora in grado di proporre un roccioso heavy metal,
convenzionale sì, ma anche vitale, con vari ritocchi moderni.
Ecco allora la cattiva “State of Grace”, un buon esempio
di vecchio hm con una produzione moderna, la partenza non è
male. “Need For Speed” invece è veramente molto
classica, meno veloce di quanto promette il titolo e non da emozioni
nuove, ma produce “solo” un sano headbanging. Più
accelerata è “Let Me Feel Your Power”, che ho trovato
un po’ ruffiana, non sarebbe male, ma il refrain non mi piace
proprio. “Red Star Falling” è una ballad elettrica
che non mancherà di piacere ai fans più datati, scontata
di certo, ma che funziona sempre. “I’ve Got to Rock”
è il classico inno che dal vivo fa macelli e va alla grande
col suo riffing semplice e i quattro quarti secchi e precisi, sembrano
quasi gli Aerosmith. “If I Was You” è il brano
trascinante del disco, ed in effetti si sente subito la differenza
con le traccie precedenti, che sembravano quasi più dei riempitivi,
qui invece il gruppo si è impegnato a fare del proprio meglio
e si sente, peccato che non sia così tutto l’album. “Going
Nowhere Fast” è ancora classico hm riffing, i Saxon giocano
ancora sul sicuro, i vecchi fan ringraziano, ma di nuovi credo non
ne arriveranno con pezzi così. Meglio “Ashes to Ashes”,
ancora un track ottima per un set dal vivo. “Atila the Hun”
probabilmente è “troppo” moderna e mal si addice
al repertorio classico di Biff e soci, ma anche nella sua novità
non è poi così epocale, si tratta di un lungo brano
ai limiti del prog metal, con una sezione piuttosto estrema, non è
un brutto pezzo, ma non è da Saxon.
Il cd esce anche in versione limited digipack con dvd allegato. The
Inner Sanctum è un album che vuole dimostrare che i Saxon hanno
ancora qualcosa da dire in campo heavy metal e di certo tutta la loro
esperienza si sente, ma mancano vere idee e il disco non decolla mai.
Peccato perché al primo ascolto mi aveva impressionato bene,
poi però riascoltandolo varie volte l’entusiasmo iniziale
si è via via ridotto, peccato. GB
Altre recensioni: The Eagle Has Landed III;
Into the Labyrinth; Sacrifice
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