KLAUS
SCULZE |
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PICTURE MUSIC |
Siamo
all’opera numero tre del 1975 del geniale Schulze, un disco molto
rock in cui il nostro è ancora in cerca della forma perfetta, ma
è anche considerato come il suo primo vero disco elettronico, dove
entra massiccio l’uso del sintetizzatore. Non dimentichiamoci però
che Klaus ha iniziato come batterista nei Tangerine Dream e infatti in
questo album nella seconda traccia “Mental Door” fa anche
un eccellente lavoro di percussioni. Inoltre la tecnologia a sua disposizione
era ancora piuttosto amatoriale, Klaus non disponeva di molti mezzi (ad
esempio i dischi erano ancora “mono” e non “stereo”)
e doveva arrovellarsi non poco per ottenere determinati effetti. Si avverte forte, per chi ha una certa familiarità con questo artista, la tensione creativa ancora in cerca di esprimersi in modo compiuto. Preso a se stante le due suites sono molto belle, le fughe cosmiche sono efficaci e ci trasportano con naturalezza in viaggi interstellari a bordo di una navicella solitaria. |
In
un certo senso sembra una musica mistica, alla ricerca di un climax interiore
che elevi l’uomo dal grigiore quotidiano. Gli effetti abilmente
creati dai sintetizzatori escono fluidi e disegnano complesse geometrie
astrali, ma al tempo stesso hanno la semplicità di arrivare fino
al cuore dell’ascoltatore con immediatezza e velocità. La bonus track è “C’Est Pas la Meme Chose” praticamente è la versione estesa del primo brano “Totem” che per limiti tecnici era stato pubblicato in una versione di circa ventiquattro minuti. Il tema portante è lo stesso, ma non è proprio identico, ottimo per i fans. Per essere un’opera acerba si avvertono già i semi della grandezza di questo artista tedesco, che tanto ha dato alla musica elettronica. |
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EN=TRANCE |
Nel 1988 esce questo EN=TRANCE la ventesima opera di Schulze, di acqua
sotto i ponti ne è passata davvero tanta e il nostro ha ormai acquisito
una padronanza perfetta degli strumenti per creare musica elettronica.
Il titolo dell’album non poteva essere più azzeccato, infatti
la musica richiama uno stato di “trance” meditativa con i
suoi suoni avvolgenti, con le sue spirali ipnotiche, non è un disco
cupo come potrebbe far pensare la cover, anzi è piuttosto luminoso,
ma Klaus ha sempre quel tocco piuttosto inquietante nella sua musica,
una delle sue peculiarità che l’hanno elevato una buona spanna
sopra tanti altri colleghi molto più frivoli. |
AIl
brano omonimo apre è si viene subito catturati dalle sue spire
concentriche su cui piano piano emerge anche una chitarra prodotta sempre
dalle tastiere, ma che suono, in altri casi Klaus ha utilizzato dei guest
musicians, ma in questo album ha fatto tutto da solo. Non meno magica
è “Alpha-Numerique”, forse anche un po’ spensierata,
ma intrigante con i suoi accenni pop, del resto lo stesso anno Klaus aveva
prodotto il disco degli Alphaville (tò, che coincidenza?). “FM
Delight” era entrata nella top ten di una radio in Germania, un
brano fortemente spirituale, ma anche altamente godibile, che Klaus ha
composto di getto in una notte e l’ha inciso, era il giorno del
suo quarantesimo compleanno! A sorpresa “Velvet System” è
una piece epica e movimentata e da un meraviglioso senso di completezza
a questo disco. In origine l’album era uscito come doppio Lp e infatti in questa ristampa troviamo la bonus”Elvish Sequencer” che dura solo (si fa per dire) otto minuti, ma è molto interessante perché è uno dei primi lavori realizzati nel ’70 da Schulze con il solo sequencer, il titolo è un riferimento agli elfi del “Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare, ed in effetti sembra di veder uscire dalle casse dello stereo tutta una processione di piccole creature alate che invadono sogni e pensieri. |
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La
ristampa dei lavori di Schulze sembra proprio un viaggio spazio temporale,
scelta che credo voluta e così eccoci nel 1995 con questo imponente
doppio cd con bonus live cd. Di Klaus si è già detto quasi
tutto, ma per affrontare un lavoro di questa portata servirebbero fiumi
di inchiostro, un lusso che non abbiamo e dobbiamo usare con parsimonia
l’avaro spazio di una recensione. |
Come
in molte altre composizioni mature del nostro, anche in questo caso la
ricerca estetica supera quella artistica, non che sia un male, ma la tensione
creativa è minore rispetto al passato. Forse proprio per questo
Schulze ha avuto bisogno di più spazio per esprimersi. Nonostante
queste critiche, ci troviamo ad ascoltare un lavoro monumentale pieno
di raffinatezze, ma c’è un motivo particolare che rende prezioso
In Blue, nel pezzo “Return of the Tempel” per quasi tre quarti
d’ora Schulze suona con il vecchio amico Manuel Gottsching degli
Ash Ra Tempel e le emozioni per i fans sono assicurate. Da notare che la coppia si esibisce anche nel live. Per cui ci sono ottime ragioni per considerare In Blue un classico del repertorio di Klaus degli ultimi quindici anni. La magia delle sue visioni cosmiche brilla ancora e l’incanto continua. GB Altre recensioni: prima serie |