Diciamo subito che non si tratta (purtroppo o per fortuna, dipende
dai punti di vista) della reunion della storica hard rock band newyorkese,
ma della pubblicazione di brani registrati dopo la pubblicazione del
secondo album e che hanno preceduto il prematuro e disastroso split
del gruppo, senza mai vedere la luce fino ad oggi. Il responsabile
dell’operazione ad alto tasso di nostalgia è il veterano
drummer e singer John Garner, l’unico del gruppo che ha sempre
continuato a suonare, da ultimo nei Lizards, un gruppo molto interessante
e che è venuto a suonare anche da noi come supporto a Glenn
Hughes (ma alla batteria non c’era più John sostituito
da Robbie Rondinelli).
I brani sono stati riarrangiati e sono state aggiunte delle parti
di batteria e basso, grazie al contributo del talentuoso Tony Franklin
nei primi quattro brani e di Sam Powell nei restanti due. Il cd contiene
solo sei pezzi per un totale di meno di mezz’ora, un po’
poco se si pensa agli attuali standards dei cd, ma il materiale contenuto
è di altissimo interesse, non fosse altro che per la grandiosità
del materiale pubblicato dal gruppo nei primi due storici Lp.
Si parte con l’anthemica (Gonna) Fill the World With Fire”,
proto heavy metal, molto diretto e potente, anche se meno innovativo
rispetto al materiale inciso in precedenza dal gruppo, siamo molto
vicini ai Montrose. Anche per “Love Slave” vale lo stesso
discorso, ottima musica, anche se un po’ prevedibile. “Wild
White Horses” è una ballad semi acustica con un assolo
di chitarra strepitoso, che peccato che Dambra si sia perso per strada!
“Rising Son” è molto zeppeliniana, con un riff
di chitarra roccioso e sufficientemente oscuro, solo il cantato di
Garner sorprende un po’, perché ha abbandonato il suo
solito tono maschio e grintoso per un falsetto che non suona proprio
al massimo. “Cosmic Voice” è puro hard rock chitarristico
di stampo americano, con un ritmo incalzante veramente vivace. Chiude
“Mission”, un brano complesso e molto psichedelico, che
denota ancora una volta la personalità di questa band che davvero
non doveva finire nell’elenco dei gruppi “minori”.
In definitiva i primi due album del gruppo sono veramente fondamentali,
mentre questo disco è più per collezionisti e profondi
cultori dei seventies, bello ma non indispensabile, visto anche che
non costa poco procurarselo. Questa recensione ha un pizzico di amarezza,
per tante ragioni che si possono intuire fra le righe del testo, ma
in fondo questa è la storia del rock, di tante formazioni piene
di talento che ci hanno lasciato delle gemme musicali tutte da godere
prima di sparire nel nulla. In fondo molti gruppi “maggiori”
hanno fatto solo due o tre album veramente importanti, per cui godiamo
di quanto il gruppo di Garner e soci ha saputo partorire, senza troppi
rimpianti su quello che avrebbe potuto essere e non è stato.
GB
Altre recensioni: Kingdom Come;
Sir Lord Baltimore
Sito Web
Per un assaggio: http://www.myspace.com/sirlordbaltimorewebsite
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