L’americana Moonjune è una di quelle etichette che credono
ancora nella musica e nella passione, che realizzano dischi con un
amore che ha quasi del miracoloso, anche se il responsabile Leonardo
Pavkovic in realtà è un cittadino del mondo, che ha
vissuto anche in Italia e non è un caso quindi se col nostro
paese ha mantenuto un legame molto forte, che emerge nella produzione
della sua label dove compaiono nomi veramente importanti come quelli
di Beppe Crovella, Boris Savoldelli e dei DFA. Questa introduzione
per dirvi che al di la del nome che sembra slavo, gli Slivovitz sono
100% napoletani, come amano indicare sul retro del cd, che tra l’altro
ha una bellissima copertina. Ma la musica? Questo secondo lavoro del
settetto napoletano è un crogiolo di free jazz, fusion e prog
rock, con un mix di influenze pazzesco. Ma quello che mi preme sottolineare
è che in ogni brano si respira una vitalità e una gioia
di suonare tutta partenopea. Non è un disco fatto per dimostrare
abilità tecniche e virtuosismi esasperati, come ad esempio
capita con gli artisti nipponici, ma la tecnica che non manca ai nostri
è sempre a servizio della fruibilità dei brani. Ci sono
passaggi da paura in questo folle album eppure non mi sono annoiato
un attimo ascoltandolo.
Dodici sono i brani proposti, nove dei quali registrati ancora nell’ormai
lontano 2004 e solo gli ultimi tre sono del 2008, questo a dimostrare
che non è facile fare musica come questa, eppure si tratta
di un album splendido, coinvolgente, contagioso, che propone un genere
ostico con un brio da renderlo altamente godibile. Potrete trovare
l’amore per John Zorn, per Zappa per il Canterbury sound, per
la tradizione mediterranea, per i ritmi latini, per la musica dell’Europa
centrale, tutto fuso insieme in un sound credibile, che dirvi di più
se non di consigliarvi di ascoltare con curiosità questo disco?
Hubris è un vero gioiello che non mancherà di stupirvi.
GB
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