Sono
passati quattro anni dalla pubblicazione di Five, che, come fa intuire
il titolo, si trattava del quinto album. Molte cose sono cambiate
in casa dei tedeschi Solar Project, in primis la formazione: nel disco
precedente partecipavano a vario titolo circa dodici elementi, mentre
in questo troviamo solo tre reduci, il tastierista e chitarrista factotum
Robert Valet, il chitarrista Peter Terhoeven e il batterista Volker
Janacek a cui si aggiungono la singer Bettina Wirtz, un bassita e
un saxofonista.
I brani sono ancora molto lunghi, troviamo infatti quattro suites
per quasi settanta minuti di musica. Il disco contiene un concept
sulle mani viste nelle sfaccettature più disparate, dalla mano
del Cristo in croce, alle mani che impugnano armi, da quelle che giocano
d'azzardo a quelle che suonano, una interessante metafora dell'uomo
e delle sue contraddizioni, in un'ambientazione apocalittica con un
inequivocabile messaggio ecologico.
Five era molto più space rock di questo che è un po'
più classico, non mancano spunti space, ma sono meno evidenti.
Sembra spesso di ascoltare un incrocio fra i Pink Floyd e certi King
Crimson, con un suono maleddetamente settantiano a base di tastiere
oniriche e lunghi solos. Le parti strumentali dominano su quelle cantate
e la voce di Bettina è sì particolare, ma non è
sempre molto accattivante.
Questi musicisti hanno classe da vendere e un gran senso della musica
e meritano certamente un ascolto. GB
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