Ritorno con estremo piacere a parlare del chitarrista Marco Sonaglia,
mio concittadino fabrianese dell’entroterra marchigiano. Il
fatto di giocare in casa, nella realtà porta in me il dovere
di essere più obiettivo possibile, e lo sarò in quanto
mentire o per meglio dire enfatizzare un qualcosa che potrebbe non
essere, farebbe solo del male ad un artista e ad un amico oltre che
alla mia credibilità critica. Per cui il mio pensiero è
qui ancora una volta disinteressato e sincero come sempre e più
che mai!
Detto questo c’è da iniziare analizzando la realtà
dei fatti in ambito “cantautori”, in Italia sono sempre
di meno e meno impegnati non tanto per loro colpa, ma in quanto la
società è cambiata, sempre più mordi e fuggi,
non propensa a soffermarsi ad ascoltare e soprattutto a pensare. Il
coraggio di dire ciò che si pensa, magari anche con ironia,
analizzare la vita quotidiana, lo stato sociale, alcuna letteratura,
è fatto oramai raro.
Sonaglia con il secondo album dopo il buon “Il Pittore E’
L’'Unico Che Sceglie I Suoi Colori” datato 2013, ritorna
in versione acustica e in formazione trio. “Il Vizio Di Vivere”
sceglie questo tipo di percorso sonoro in quanto volenteroso di dare
risalto ai testi di Giorgio Tintino e Francesco Urbinati, e ci riesce
in maniera garbata e molto spesso con classe. Sonaglia è amante
del cantautorato anni ’70, spazia da Guccini a Lolli, passando
anche per Nomadi, questo lo si evince spesso dall’ascolto dei
brani dell’album di esordio. E dopo due anni?
Ma andiamo con ordine, Sonaglia si coadiuva del pianista ed arrangiatore
milanese Onofrio Laviola e del chitarrista Edoardo Marani. Ci sono
riferimenti di letterati al riguardo, con una scansione del secolo
che passa attraverso Cesare Pavese e Franco Fortini, procedendo per
un analisi a tratti malinconica e drammatica. Questa viene bene rappresentata
anche in copertina dall’opera di Roberto Stelluti “Francesco
Sulle Carcasse” del 1978. Una pila di auto rottamate in un precario
equilibrio con uno scenario oscuro, sporco, trasandato, e sopra un
bambino che guarda di sotto, e che non vuol cadere, destinato metaforicamente
a un presente di certo non roseo. Ma anche in questo caso c’è
un segnale di speranza, il bambino è circondato di luce, uno
squarcio nel cielo plumbeo probabilmente di ottimistico auspicio.
Ed ecco il Marco che non ti aspetti, nei sette brani dell’album
(esclusa l’ottava bonus track) l’autore fa capolino fuori
del proprio guscio “Gucciniano”, mettendo a nudo anche
altre sue predilezioni musicali, si fa coraggio e prende possesso
delle proprie capacità e della personalità, amalgamando
il tutto con garbo. In questo bel viaggio sonoro ho riscontrato molti
particolari che possono condurre ad artisti come Banco Del Mutuo Soccorso
(grazie agli arrangiamenti delle tastiere), Ivan Graziani (per alcune
metriche liriche), Mario Castelnuovo, Francesco De Gregori, Fabrizio
De Andrè, Claudio Lolli, Giorgio Gaber e anche del cantautorato
francese. Davvero un calderone culturale elevato ed impegnativo.
Dopo ripetuti e ripetuti ascolti non riesco a estrapolare una canzone
sopra le righe, il livello è notevole, sopra la media del genere
in analisi, ed ecco che “Emilio”, La Luna E Il Falò”
e “Nella Terra Di Nessuno” ti scaldano la mente ed il
cuore. “Il Buongustaio” è allegramente cinica,
diretta, ruvida nella sua semplicità nell’esprimere il
concetto di umanità: “Io sono un buongustaio, e alla
crema della società preferisco come sapore la feccia dell’umanità”.
“Il Grande Inquisitore” è ottimamente arrangiata
e si stampa facilmente in mente, con il suo clamoroso profumo anni
’70. Gradevole “L’Altro Saluto”, ancora una
volta bene arrangiato da Laviola. Più Prog nell’intento
è “Nella Terra Di Nessuno”, qui se posso sbilanciarmi
in un consiglio vedo una buona strada per il futuro musicale di Marco,
quando sarà definitivamente uscito a nudo con coraggio. Dolcissima
e commovente “Vice Veris”.
Chiude la bonus track “Le Intermittenze Del Cuore”, omaggio
a Claudio Lolli, unico brano non acustico dell’intero album,
qui in versione più elettronica.
La direzione artistica è a cura di Lucia Brandoni, il progetto
grafico è di Raffaello Cardinaletti, mentre la registrazione
negli studi Klangstrm di Recanati, sotto la cura di Paolo Bragaglia
rende giustizia all’intero lavoro con il suo suono caldo. Ci
si chiede all’interno del booklet se è ancora possibile
un incontro fra musica popolare e poesia, la mia risposta è
si, perché…perché voglio credere ancora che sia
così, almeno il tempo di un album come questo. Il resto è
consuetudine. MS
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che Sceglie i Suoi Colori
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