Tornano
gli Spleen Caress di Chieti con un nuovo lavoro, un mini album di
sei brani dove proseguono il discorso intrapreso con l’interessante
debutto. Al gruppo piace sperimentare partendo dalla lezione della
dark wave ottantiana, che già era molto sperimentale. A certe
sonorità vengono aggiunte delle intuizioni moderne e ne esce
un sound molto attuale. Provate ad immaginare ad un incrocio fra i
Bauhaus e i Radiohead.
L’album parte un po’ in sordina, ad un primo ascolto lascia
un tantino perplessi, ma dopo un secondo e un terzo ascolto inizia
a crescere sempre più così come fa l’iniziale
“Mojito” col suo bel giro di chitarre. In “Speranze
e Ricordi” troviamo un’atmosfera sospesa, mentre un bel
crescendo sorregge “Come Scheletri che Danzano”. Ma sono
in particolare le sperimentazioni sonore di “L’Ipocondira”,
che mi fanno provare il gusto per un ascolto più attento, quel
suono acido delle chitarre in quella cornice malinconica e sofferta.
Anche “Perduto” possiede lo stesso fascino, anche se le
linee vocali mi sembrano meno riuscite. “Alla Deriva”
ruota su un giro un po’ scontato che ricorda altri episodi del
recente rock in tricolore, ma sono anche in questa occasione i suoni
a fare la differenza.
Gli Spleen Caress confermano con questo lavoro le buone impressioni,
hanno ancora bisogno di crescere e secondo me devono lavorare in particolare
sulle linee melodiche vocali, la scelta dell’italiano è
pregevole, ma non aiuta, per quanto riguarda il lato prettamente musicale
invece siamo già ad un buon punto. GB
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