Ormai ci siamo abituati, dal nord europa arrivano continuamente nuovi
artisti ricchi di talento, così non restiamo sorpresi più
di tanto ascoltando questo nuovo progetto capitanato dal norvegese
Christer André Cederberg (In The Woods…). Con questo
moniker Christer insieme ad un manipolo di session men ha cercato
di dare vita a qualcosa di molto personale, artisticamente parlando,
ecco allora materializzarsi dagli autoparlanti del mio stereo un sound
molto suggestivo e psichedelico, ma molto poco etichettabile.
S.o2 è un album complesso, che spazia dal prog alla musica
alternativa sperimentale, ci sono echi di Indian Summer dei Landberk
e dei Paatos, poi c’è qualcosa dei Radiohead e degli
ultimi Marillion, ma soprattutto c’è la voglia di esplorare
dei territori ancora piuttosto intatti e così troviamo musica
nuova e intrigante, magari non ancora matura, ma già in possesso
di quel qualcosa che la rende interessante ed indimenticabile.
“L Tune” da l’avvio con un sound mellifluo e sognante,
le melodie sono molto belle e dietro un’apparente semplicità
nascondono delle strutture molto complesse e audaci. “Meanwhile”
è più energica, anche se molti elementi del brano precedente
vengono riproposti anche in questo, come il cantato trasognato, ma
la struttura del brano è sostanzialmente diversa, più
psichedelica. “Reconnect” aggiunge una sonorità
malinconica e misteriosa di ottimo impatto al sound del nostro, davvero
un gran bel brano che si unisce al successivo “Reconnect Outro”,
più sperimentale. “Disquietude” prosegue il discorso
senza aggiungere particolari elementi di novità, ma ha un bel
finale chitarristico in crescendo. La title track è uno dei
brani più rappresentativi dell’album e contiene in se
tutti gli elementi che hanno reso intrigante il disco, sicuramente
una scelta azzeccata, anche se verso il finale troviamo una sezione
piuttosto soporifera, poi però subentra una cantate molto brava.
La chiusura del disco è affidato a “Instrumental”,
che mantiene quello che promette e getta il sipario su un disco molto
affascinante.
Anche se per questo lavoro il termine “prog” calza male,
se si pensa al classico prog settantiano, credo che invece sia molto
azzeccato per lo spirito con cui il disco è stato pensato e
realizzato, questa è la vera musica prog, che cerca nuove soluzioni
e che non si ferma ai soliti stereotipati modelli. GB
Interviste: 2008
Sito
Web
|