Rock Impressions

Stray - Valhalla STRAY - Valhalla
Angel Air
Distribuzione italiana: no
Genere: Hard Rock
Support: CD - 2010

Può sembrare nostalgia la mia, ma quando mi trovo tra le mani un lavoro di una band storica, magari una di quelle che non ha avuto fortuna come questi Stray, provo sempre una certa emozione. Questo disco ve lo avevamo recentemente annunciato ed eccolo finalmente entrare nel nostro lettore. La band oggi vede il veterano Del Bromham accompagnato da Stuart Uren al basso e Karl Randall alla batteria, mentre il disco è prodotto dalla mano sicura di un altro nome di spicco della scena inglese, Chris Tsangarides (che ha lavorato con nomi del calibro di Thin Lizzy, Bruce Dickinson, Judas Priest, Ian Gillan, Depeche Mode, Gary Moore, Japan, Tom Jones, Tygers of Pan Tang, tanto per citare i primi che mi vengono in mente).

Il disco si apre con un giretto ammiccante, che si trasforma presto in un hard rock essenziale e diretto, “Move a Mountain” è una track in cerca di consensi, costruita con molta classe e speranza nel futuro, ma che graffia poco. Le vere emozioni arrivano con la seguente “Dirt Finger”, un brano con le palle, che sprigiona una massiccia dose di energia, grande riff di chitarra, questo è l’hard rock che volevo sentire da questi vecchi leoni e non mi hanno deluso. “1600 Pennsylvania Avenue” è una bella ballad dal sapore epico, energica e ricca di gusto. L’hard rock che spinge ritorna subito con “Free at Last”, non sembra nemmeno il gruppo di prima, c’è tanta voglia di suonare nelle vene di questi musicisti, che nonostante gli anni non hanno perso un grammo di smalto. “Harry Farr” è una bella cavalcata, niente di trascendentale, ma è un bel brano con una buona costruzione armonica. “Skin” è un brano trascurabile, quasi un filler. Con “Double Six” l’hard degli Stray si tinge di blues, un vecchio amore mai sopito. Buona “Ghostwriter” ad emergere è ancora la classe, anche se non è una canzone che lascia un segno profondo. “Sing (the Song)” è una canzone cadenzata molto settantiana nella concezione, oggi suona molto vintage, ma è credibile. “Rainy Day Blues” aggiunge una tinta funky che non guasta. Molto bella anche “24/7”, che ha un bel tiro, quasi punk. Chiude la ballata elettrica “You”, ancora un brano carico di suggestioni.

Gli Stray sono una grande band, che non si vuole rassegnare al tempo che passa, di certo si rivolgono ad un pubblico che ama determinate sonorità, è musica retrò quindi, ma alemno è suonata col cuore e senza l’illusione di voler fare dei soldi, ce ne fossero di artisti così. GB

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