I tedeschi Sylvan vengono da Amburgo e sono giunti al quinto album, un risultato piuttosto soddisfacente in un panorama ricco di proposte e con pochi spazi per i gruppi meno conosciuti. Questo lavoro è un concept piuttosto complesso, di oltre settanta minuti di musica divisi in ben quindici traccie e un tessuto compositivo variegato e piuttosto ricco. Ci sono molte influenze riscontrabili in questo lavoro, dagli Arena all’hard melodico in generale, con momenti più elettrici e ruvidi che si alternano ad aperture sorrette da grandi melodie.

Difficile fare un track by track con così tanto materiale e anche piuttosto noioso direi, ma essendo questo cd un concept è più giusto esaminarlo in modo unitario e scoprire che il tutto funziona molto bene, al diversità dei brani tiene alta l’attenzione dell’ascoltatore e la storia si dipana pezzo dopo pezzo come un puzzle in cui i tasselli vanno al loro posto uno dopo l’altro. Ottimi solos di chitarra, che a tratti ricordano il solismo di Gilmore, ritmiche non troppo cervellotiche, ma con un buon grado di complessità, immancabili valanghe di tastiere e una voce, quella del singer Marco Gluhmann, che si fa notare per la sua adesione all’evolversi della storia con un crescendo di trasporto emotivo.

Un disco riuscito per questi musicisti, che non scrivono pagine nuove nel territorio prog, ma che danno un contributo molto personale con un album fresco e piacevole come è sempre più difficile poter ascoltare di questi tempi. Ma sono anche convinto che il gruppo possa riservarci altre sorprese anche in futuro. GB

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