Ci sono dischi che si amano dal primo ascolto, che bastano poche note
per provare subito un mare di emozioni. Io non sono mai stato un maniaco
del rock melodico, ma nella mia discografia si sono molti dischi di
questo genere e mi piace sempre ascoltare un buon album di AOR fatto
come si deve e questo occupa un posto particolare fin dalla sua prima
versione in vinile. Credo che questo How Long, opera prima di Michael
Thompson come solista, si possa annoverare tra i classici assoluti
di questo genere, io lo metterei addirittura tra i primi dieci album
di AOR di sempre e mi sembra molto bello che la volonterosa Frontiers,
che di AOR se ne intende davvero, abbia colto l’occasione per
ristamparlo su cd. Inoltre questo è un album che a distanza
di oltre quindi anni suona ancora fresco e moderno.
Thompson è un chitarrista con un gusto melodico incredibile,
ha un’abilità innata e quando tocca la chitarra si inizia
subito a sognare, i sui solos sono delle vere gemme, ma anche quando
riffa sa tirare fuori una grande grinta. Al suo fianco in questo disco
troviamo l’ugola spettacolare di Rick “Moon” Calhoun,
che proveniva dalla cult band The Strand, una versione più
melodica e meno nasale di Perry. Completano il gruppo alcuni rispettati
session men e alcuni amici ospiti come il prestigioso Terry Bozzio,
Pat Torpey (Mr Big), Jimmy Haslip, Bobby Kimball (Toto) e John Elefante
(Kansas) tanto per ricordarne alcuni. Ma il disco riserva più
di una sorpresa che solo i più curiosi tra voi riusciranno
a scoprire leggendo con attenzione le note del booklet. La nuova versione
su cd è completamente rimasterizzata, vengono aggiunti due
brani provenienti dalle sessions e poi scartati e un nuovo brano preludio
alla reunion che dovrebbe dare i suoi frutti nel 2008!
L’album attacca con la grintosa “Secret Information”,
la produzione appare subito molto curata, con un’ottima performance
musicale e un writing insolito ed intrigante. “Give Love a Chance”
è una ballata ispirata e ricca di finezze di chitarra, una
goduria melodica. “1000 Nights” all’inizio ricorda
un po’ certi giri degli U2, ma poi il brano prende una dimensione
propria e diventa interessante. “Wasteland” mostra ancora
la creatività dei nostri, che propongono soluzioni sempre fresche.
“Never Stop Falling” è il mio brano acustico preferito
di sempre, questa canzone mi ha fatto sognare e ancora oggi la riascolto
con lo stesso entusismo di quindici anni fa, è un brano stellare.
Il lato B è aperto dalla grintosa “Can’t Miss”,
melodia ed energia si sposano in un’alchimia perfetta. Molto
moderna è “Gloria”, che risente di certi suoni
metà anni ’80 e poi esplode in un refrain irresistibile.
Quando i giochi sembrano ormai fatti, ecco che i nostri maghi tirano
fuori un brano come “Stranger”, peccato solo che le chitarre
non siano un po’ più incisive, per il resto ci sono delle
melodie da brivido. “Baby Come Back” è un altro
splendido esempio della creatività dei nostri, che propongono
dei giri armonici che sono tanto geniali quanto apparentemente semplici.
“How Long” chiude la vecchia versione originale, ovviamente
è una prova di carattere, è una ballad retta da una
melodia malinconica molto struggente, da estate che sta finendo, un
po’ Eltoniana se volete, ma grande. “Right to Be Wrong”
è la prima bonus, è molto più dura del repertorio
precedente, ovviamente fa capire quale taglio i nostri volevano dare
al disco, ma sono contento che sia stata recuperata, perché
a me piace della sana energia. Anche la seconda “I Can’t
Let Go” è piuttosto movimentata, non suona così
innovativa come il resto dell’album, ma ha davvero un bel refrain.
E il nuovo brano “Wheelchair”? Ovviamente è solo
un assaggio, ma già ci mostra che i nostri sono ancora ispirati
e pronti a sfornare grandi melodie, i patiti dell’AOR possono
iniziare il conto alla rovescia. GB
Altre recensioni: M.T.
Speaks; High
Times
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