Quando
si parla di prog inglese si pensa subito ai grandi gruppi degli anni
settanta e si dimentica, a torto, che ci sono ancora dei musicisti
in terra d’Albione votati al progressive anima e corpo, come
nel caso di questo polistrumentista al debutto come solista. In precedenza
ha fatto parte dei Colony Earth e dei Salamander Project, più
recentemente ha fatto da supporto ai Jadis, è possibile trovare
un suo live che testimonia del tour, ma non si tratta di un disco
ufficiale.
Principalmente Thorne suona la chitarra e canta ed Emotional Creatures
è il suo primo vero album. Per l’occasione Steve si è
circondato di grandi nomi: Tony Levin (King Crimson e Peter Gabriel,
oltre a decine di altri), Geoff Downes (Yes e Asia), Nick D’Virgilio
(Spock’s Beard) e vari membri di IQ e Jadis, per essere un debutto
direi che è proprio un ottimo inizio.
Il sound è piuttosto classico, pescando abbondantemente sia
dai seventies che dal new prog, cosa che farà storcere il naso
a chi conosce alla perfezione i classici, ma che può procurare
comunque delle belle emozioni ha chi ha il cuore e la mente aperti.
Le undici tracce di questo album sono molto belle, Steve possiede
una musicalità innata, le sue melodie sono malinconiche e al
tempo stesso solari, molta chitarra acustica che rimanda senza dubbio
al folk e molto prog, ma non di quello iperarticolato con ritmi impossibili
e sfoggio di doti artistiche ultraterrene, si tratta piuttosto di
una raccolta di belle canzoni scritte con uno stile genuinamente retrò.
Basta lasciarsi accarezzare dall’inno folk “God Bless
America” che sembra di ritrovarsi a Woodstock all’epoca
del primo grande festival. Poi con episodi come la successiva “Well
Outta That” si respira puro prog, nervoso e passionale. Questa
alternanza pervade tutto il lavoro fino alla sua conclusione.
Thorne è un grande artista e ci dimostra che con un po’
di buona volontà si può fare ancora un buon disco di
prog. GB
Altre recensioni: Emotional Creatures Part
Two |