Tornano i tedeschi Toxic Smile dopo “7”, un album altalenante
in stile, come lo definii nella recensione passata con l’appellativo
“schiaffo o bacio”. Marek Arnold, sassofonista anche con
Cyril, Seven Step To The Green Door e Flaming Row, non cambia line
up, sempre con Larry B. alla voce, Uwe Reinholz alla chitarra, Robert
Brenner al basso e Robert Eisfeldt alla batteria. In questo nuovo
lavoro dal titolo “Farewell”, compaiono special guest
del calibro di Cornelia Pfeil (violino), Angelika Grunert (violino),
Susanne Goerlich (viola), Uta Schroder (violoncello) e Martin Schnella
(cori).
In questo album si cimentano in una prova coraggiosa per i tempi,
una scelta quella di fare un solo brano della durata di 42 minuti
non prettamente commerciale ma “Prog” per atteggiamento
e sostanza. Anche gli americani Echolyn con “Mei” nel
2002 tentarono la carta, ma pur essendo un gran disco, non ricevette
le giuste attenzioni. La durata ovviamente prevede un ascolto attento,
cioè stare avanti allo stereo per un ora, come se stessimo
guardando un film. Oggi come oggi, in questa società che corre
sempre più, probabilmente questo è improbabile che accada.
Ma il pubblico che ama la musica il suo tempo per ascoltare se lo
ritaglia, ed ecco che lavori come questo hanno un loro perché.
Il contenitore del disco è cartonato, mentre il dipinto che
rappresenta la copertina si intitola “Sleeping Elf” ed
è del bassista Robert Brenner.
Il brano si apre con il classico momento enfatico, dettato dagli archi
per poi svilupparsi in un percorso dato da numerosi cambi di tempo
e di umore. I Toxic Smile rispetto l’album precedente sembrano
avvicinarsi al 100% verso il mondo Rock Progressivo, lasciando più
da parte il lato Metal, anche se di tanto in tanto le chitarre distorte
fanno capolino, anche se in maniera garbata.
Le tastiere ricoprono un ruolo importante, riempiendo il suono con
tappeti a volte imponenti ed altre volte delicati, per non parlare
dei momenti di protagonismo degli assolo. La sezione ritmica sembra
la carta vincente dei Toxic Smile, una macchina ben rodata che si
intende a dovere, un motore che gira come deve girare. La voce di
Larry a volte ricorda vagamente quella di Gabriel, anche se il genere
proposto non è proprio quello dei Genesis.
Grazie ai numerosi interventi degli archi, il brano gode di una sinfonia
aggraziata, tanto da renderlo vicino all’opera Rock. Il suono
è pieno, ma grazie ad una buona incisione gli strumenti sono
nitidi e distaccati fra di loro. Le melodie ricoprono altrettanto
un ruolo fondamentale, perché qualcosa pur essendo una suite,
nella mente deve restare. Ecco che il ritornello è quindi di
facile memorizzazione.
Dentro si scorgono in lontananza gli anni ’70, oltre che i nostri
tempi, la band dimostra di conoscere tanta storia del Rock, sciolinando
di tanto in tanto un riferimento importante. Godo da morire quando
sale il patos, resto colpito da una crescita sia di carattere che
di tecnica e composizione in appena un anno e mezzo. 42 minuti volati,
e questo sta a significare che “Farewell” avrà
altre canches nel mio stereo, con vero piacere. Un disco consigliato
agli amanti del Prog e non soltanto, c’è molto materiale
variegato, per ricoprire una vasta area di gusti. Complimenti per
la crescita! MS
Altre recensioni: 7
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