Il bassista Martin Turner è stato uno dei fondatori dei Wishbone
Ash, una delle formazioni inglesi di hard rock più originali.
La band ha pubblicato il primo album omonimo nel 1969 ed è
ancora in attività. Fra alti e bassi e i soliti cambi di formazione,
il gruppo ha saputo resistere fino ad oggi con una discografia abbastanza
continua, con oltre venti album pubblicati. Martin ha contribuito
in modo determinante al sound della band, che era contraddistinto
dall’uso di due chitarre “gemelle” (sono stati i
primi a proporle, poi sono diventate popolari nel metal) e da avventurose
linee di basso. In seguito all’adozione di un lead singer, Turner
ha lasciato la band nel 1980, per poi ritornare saltuariamente. Dopo
vari progetti, nel 2005 forma i Martin Turner’s Wishbone Ash,
generando una rottura drastica con la band. Con questa formazione
ha inciso quattro album, fra live e rielaborazioni di vecchi classici.
Wrtitten in the Stars è il primo disco di inediti prodotto
con questa formazione. Fanno parte del gruppo il chitarrista Danny
Willson (ex Showaddywaddy), il chitarrista Misha Nikolic e il batterista
Tim Brown.
Si parte con l’intro dal sapore space rock “The Big Bang”,
del resto tutto l’album ha un sapore epico cosmico. “The
Beauty of Chaos” è uno strumentale abbastanza prog, con
una buona linea melodica di fondo e già i vecchi fan proveranno
diversi brividi, il finale è molto bello. Ma l’emozione
grossa arriva con la title track. Un brano ondeggiante, in bilico
tra hard rock e prog, con un incedere epico ai limiti del pomp, un
colpo al cuore per gli amanti di queste sonorità, impressiona
la classe che Turner è riuscito a convogliare in questo brano,
il suo lavoro al basso poi è spettacolare. Le chitarre riprendono
i duetti e sembra davvero di riascoltare i Wishbone Ash dei tempi
buoni. “Lovers” è una ballata facile, sembra più
un brano pop, ma non è priva di un certo fascino, ricorda un
po’ certe atmosfere californiane, però abbassa di molto
la tensione che si era creata prima. Per ripartire col piede giusto
arriva “VapourTrail”, che con delle splendide melodie
vocali riporta il sound su canoni hard prog epici, ottima la parte
strumentale, una fuga da manuale. “The Lonely Star” è
una seconda ballata strumentale, molto meglio della precedente, ricorda
certe melodie degli anni ’50, con una dolce malinconia e un
crescendo metallico riuscito. La classe di Turner emerge ancora con
“For My Lady”, brano di grande eleganza, non fa gridare
al miracolo, ma scorre bene. L’energia dell’hard rock
la ritroviamo nella ruffiana “Pretty Little Girl” e piace
l’abilità di Turner di comporre in modo distintivo. “Falling
Sands” ci riporta ad atmosfere hard pop, è un po’
riempitiva, ma ci sta. Ma se i giochi sembravano fatti, ecco che il
sound caro ai fans torna con la dinamica “Mistify Me”.
Chiude la lunga “Interstellar Rockstar”, sembra di ascoltare
un incrocio tra vecchi Genesis e primo Bowie, un mix di prog e di
pop, dai toni molto morbidi e vagamente space, poi il solo di chitarra
è marcatamente pinkfloydiano, un commiato che sembra citare
con dolcezza la storia del rock.
Martin Turner si rivolge volutamente al suo pubblico, con un disco
marcatamente nostalgico. Per molti questo è un difetto, un
peccato di auto indulgenza, però in fondo ha fatto quello che
sa fare nel migliore dei modi, dando alle stampe un disco onesto,
pieno di belle canzoni. Comunque la vogliate vedere sono emozioni
buone. GB
Altre recensioni: New Live Dates,
Life Begins
Sito Web
|