I nomi coinvolti in questo progetto sono altisonanti, si tratta di
musicisti sopraffini e quindi è giusto aspettarsi cose molto
particolari, non comuni e infatti questo disco per diversi aspetti
non delude le attese. La Moonjune è una label specializzata
in musica fuori dagli standard e lavora in più direzioni, dal
prog avanguardistico, al jazz più visionario, alla fusion contaminata
con la musica etnica. In questo disco abbiamo quattro musicisti che
si cimentano con tutte queste componenti mescolate tra loro con un
risultato piuttosto originale. In un certo senso si tratta di un album
che rappresenta pienamente la mission del fondatore della label Leonardo
Pavkovic.
Il disco è composto da sei brani mediamente lunghi. All’inizio
“Rush” sembra partire con un ambient sperimentale, grazie
alla chitarra sognante di Reuter, ma poi subentra un groove complesso
e molto dinamico e tutto assume connotati fantascientifici, difficili
da catalogare, perché è come se si fosse voluto fare
un mix di space rock, jazz, psichedelia, fusion e prog. Superfluo
sottolineare che i musicisti si destreggiano in copiosi virtuosismi
e che certi passaggi sono davvero gustosi, però è anche
doveroso sottolineare che non è musica per tutti, si tratta
pur sempre di un progetto di ricerca e non tutti hanno voglia di impegnarsi
con partiture così avanguardistiche.
Un disco elitario se volete, ma suonato alla grande da artisti che
cercano di spingersi oltre l’ovvio e il prevedibile. Per chi
osa allargare i propri confini. GB
Altre recensioni: Proof of Light; Tales
From the Dreaming City; Zoji
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