I
Winterlong si formano in Svezia nel 1998 grazie alla passione per
le Stratcaster del giovane talento Thorbjorn Englund. Il genere suonato
è Metal Neoclassico, quello ispirato ovviamente da J.Y.Malmsteen.
Nel 2001 esce il loro primo lavoro dal titolo “Valley Of The
Lost”, mentre nel 2003 è la volta di “The Second
Coming”. Tutto l’amore per le scorribande chitarristiche
trapela da ogni nota e con esso il gruppo crea una impronta leggermente
più personale rispetto il suo predecessore. In questa sua terza
fatica Englund si circonda di ottimi strumentisti, Mikael Holm (voce),
Peter Uven (basso), Leif Eriksson (batteria), Mistheria (tastiere)
e Stella Tormanoff come special guest cantante in “Oblivion”.
Sin dall’iniziale “The Priest” si denota la passione
per il Power Metal Neoclassico e si mette alla luce la bella voce
di Mikael, ma il genere stesso risulta essere troppo inflazionato,
infatti nella successiva “Ten Digitis Of The Future” si
percorrono sentieri gia battuti da moltissimi altri complessi. Doppia
cassa alternata a ritmo sincopato per poi spezzarsi nel ritornello
epico. L’inizio di “Judgenment Day” mi sembra quello
dei primi Queensryche era “The Warning”, ma è solo
una lontana parvenza visto che si ritorna immediatamente sui binari
del Power quello più caro agli Iron Maiden. I Winterlong sono
furbi, come possiamo riscontrare in “Each day We Die”,
in “ We’ll Ride From The Dead” o nel divertente
tributo a Malmsteen “Bloodshered”. In esso Englund da
sfoggio di padronanza dello strumento fuori dal comune con tanto di
richiamo al “Volo Del Calabrone”.
Ma volendo potrei riassumere la recensione in questa maniera:
Brano1: Ho ascoltato gli Iron Maiden misti a Malmsteen
Brano2: Ho Malmsteen ascoltato gli Iron Maiden misti
Brano 3: Misti a Malmsteen gli Iron Maiden ho ascoltato
Brano4:………. MS
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