Ecco il quarto album dei norvegesi Arabs in Aspic, nome piuttosto
bizzarro per una band dedita ad un hard prog molto psichedelico. Il
gruppo si rifà senza troppi indugi agli anni ’70 e se
qualcuno crede che oggi non ci siano più gruppi capaci di suonare
come in quegli anni magici si deve ricredere di fronte ad artisti
come questi, ora si potrebbe argomentare sull’utilità
di riproporre un sound obsoleto e così dannatamente retrò,
ma sarebbe come dire che uno non può suonare blues o jazz,
o musica classica, ovvero capite bene che è una sciocchezza,
la cosa importante è che una band esprima personalità,
oggi siamo pieni di band moderne e post moderne che sono assolutamente
prive di personalità, con chitarre che suonano tutte nello
stesso identico modo, tutta la mia stima a chi riesce a produrre un
sound, anche vintage, ma che suoni autentico e animato da vera passione
come questi ragazzi norvegesi.
Il disco è aperto da un brano diviso in due parti, la prima
è dominata da un giro mellifluo di chitarra e da un cantato
sognante, un’apertura coraggiosa che ci cala subito in un clima
onirico e intrigante, poi la seconda parte (che è la title
track) diventa molto psichedelica e chi conosce bene la discografia
del periodo che va dal ’68 al ’73 troverà tanti
riferimenti cari alla memoria. “Let Us Prey” ha un inizio
molto dardeggiante, poi tutto si stempera nuovamente in una psichedelica
sognante, per tornare all’hard prog con venature space, una
varietà di situazioni molto intrigante, gran finale visionario.
Anche “You Are Blind” gioca ad alternare parti decisamente
hard a un prog psichedelico di buona fattura, con prevalenza del primo
e di una serie di passaggi oscuri dove sembra di ascoltare una simulazione
del theremin. Molto evocativa anche “Felix”, che continua
il discorso, mentre invece “Hard to Find” è costruita
su un giro molto nervoso di chitarra retto da un tappeto di organo
vagamente alla Deep Purple. “Difference in Time” invece
è un hard rock deciso, inizialmente sembra evocare gli Zeppelin,
ma poi l’hammond richiama ancora i Purple. Si torna al prog
più classico con la seguente traccia. Altra bella cavalcata
l’ottava traccia, sempre felicemente in bilico tra hard visionario
e ottimo prog, con la band che si addentra nei meandri del dark prog
e lo fa sempre con grande forza espressiva, anche se nella parte centrale
il pezzo è molto più lirico di quello che ci si sarebbe
attesi. “Prevail to Fail” è un intermezzo poetico
solare, che precede la chiusura della versione acustica della title
track, sempre molto solare.
Penso che vi siate fatti un’idea, poi se preferite ascoltare
solo strettamente le band degli anni di cui abbiamo parlato siete
liberi di farlo, ma sappiate che gli Arabs in Aspic sono un gruppo
veramente capace di ricreare sound e atmosfere di quel periodo magico,
un periodo musicale che merita di essere rivissuto e celebrato, ed
è molto bello trovare che ci sono ancora artisti che si fanno
influenzare tanto da queste sonorità. GB
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