Rock Impressions

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******* OVER THE TOP *******
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Arab in Aspic - Victim of Father’s Agony ARABS IN ASPIC - Victim of Father's Agony
Black Widow Records
Distribuzione italiana: Masterpiece
Genere: Prog
Support: CD - 2015


La storia di questa band è abbastanza articolata, hanno quasi vent’anni di vita, anche se per diversi tempo sembravano essersi sciolti. Poi nel 2006 sono tornati con una formazione rinnovata, ma pare abbiano trovato la giusta determinazione solo dopo aver firmato per la Black Widow. Questo è il terzo album che esce per la casa genovese in un crescendo di consensi e di interesse di critica e pubblico. Partiti sulle orme dei Black Sabbath e del hard prog settantiano, hanno via via arricchito il loro sound di varie sfumature, fino a creare un mix personale di influenze, all’insegna di un dark prog molto efficace.

Il disco è aperto da una bella canzone ariosa, “You Can Prove Them Wrong” ha una bella melodia portante, mentre le parti strumentali sono da brividi, un intreccio hard prog di grande spessore, che farà vibrare anche i cuori meno nostalgici. “Sad Without You” ha un’aria quasi scanzonata, vagamente beatlesiana, si discosta dal sound tormentato del brano di apertura, ma in qualche modo lo completa. Ma ecco che “One” ci riporta in un territorio arroventato da incursioni verticali di hammond e da partiture romanticamente dark. La breve “The Turk and the Italian Restaurant” è una piccola digressione in territorio ai limiti della fusion, con un riff stoppato che mette voglia di muoversi. “God Requires Insanity” è uno dei pezzi più convincenti, il suo mood settantiano è superlativo, il senso di mistero unito a delle linee vocali azzeccate ne fanno un brano davvero riuscito. La breve “Tv 3” è un’altra parentesi divertente, con un andamento ondeggiante che trasmette allegria, il gruppo ha molte facce, distanti eppure perfettamente in sintonia tra loro. “Flight of the Halibut” potrebbe sorprendere, perché è uno strumentale piuttosto ardito. Un’altra breve parentesi acustica dal sapore folk precede la title track che chiude il disco. “Victim of Father’s Agony”, uno degli episodi più propriamente prog di tutto il disco, con alcune incursioni anche nel jazz e ancora una volta i brividi non mancano.

Non deve essere facile mantenersi su questi livelli, ma sembra che questi musicisti ci riescano con disinvoltura e sono sempre più bravi. GB

Altre recensioni: Progeria; Far Out in Aradabia; Strange Frame of
Mind; Pictures in a Dream; Syndenes Magi

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