Con gli Arabs in Aspic è stato amore al primo ascolto e questo
nuovo album è il modo migliore per verificare se il gruppo
riesce a mantenere gli alti standard a cui ci ha abituati. La cover
è veramente oscura, quasi esoterica, e subito fa presagire
scenari poco rassicuranti.
Il disco è composto da tre lunghi brani, praticamente tre suite.
La musica non è molto diversa dal passato, si tratta di un
prog rock psichedelico e molto dark, sospeso tra tentazioni teatrali
e viaggi onirici. Partiture piene di gusto e meno ossianiche di quanto
si poteva immaginare, con delle parti cantate riuscite. L’avvio
ricorda Anglagard e Anekdoten e direi che gli AIA possono stare al
cospetto di questi giganti come pari. Poi subentra una parte metallica
molto tormentata e il disco comincia a prendere il largo. Si possono
citare King Crimson, Van Der Graaf Generator, Black Sabbath e Pink
Floyd fusi insieme, ma sono anche altro, perché ci mettono
del loro. Nel secondo brano sfoggiano tutta la loro vena psichedelica
e danno vita a trame pazzesche a cui solo un sasso resterebbe indifferente.
Il terzo brano è quello più teatrale, con oltre venti
minuti di durata offre un’ampia panoramica dell’arte di
questi musicisti spettacolari.
Syndenes Magi conferma la bravura degli Arabs In Aspic, una band senza
tempo, che suscita emozioni forti in particolare in chi ama la musica
fatta come una volta, lontana da modernismi e tentazioni commerciali.
GB
Altre recensioni: Progeria; Far
Out in Aradabia; Strange Frame of
Mind;
Pictures in a Dream; Victim
of Father’s Agony
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