Per il terzo album gli AIA hanno deciso di spingere sul loro lato
più “art” rock, quindi via libera agli elementi
psichedelici e space e meno a quelli sanguigni più hard rock,
ma ovviamente non è un cambio radicale, si tratta più
di un lavoro accurato a livello di composizione con un disco che va
ascoltato dall’inizio alla fine, non ci sono pause tra i brani
ed è una girandola di emozioni.
Potrei fare un track by track, ma di questo album mi ha colpito la
sua integrità, la sua coesione, il fatto che è come
un’unica opera d’arte e non una raccolta di canzoni. Del
resto questa band mi ha sempre dato questa impressione di grande coerenza
musicale in tutto quello che hanno composto. Gli elementi che hanno
reso grandi i due primi lavori li ritroviamo amplificati, mostrando
una notevole crescita che si traduce in un disco maturo e solido come
un grande classico e in effetti questo è lo status che gli
compete. In ogni caso posso citare “TV”, che è
uno degli episodi più immediati, ma anche di maggiore presa,
con quel suo incedere che richiama i migliori Uriah Heep.
Anche questo terzo album è splendido e dimostra che gli Arabs
non sono soltanto bravi, ma anche creativi, un flusso di idee che
ad oggi non ha subito momenti di calo, anzi al contrario che è
sempre cresciuto. GB
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La nostrana Black Widow è attiva nei confronti dei fenomeni
musicali Hard Prog e se questi hanno in più sfumature oscure,
ben vengano. Non a caso nella scuderia è arruolata una band
Norvegese dal nome Arabs In Aspic, che comunque non dava segno di
se dal 2004.
Giungono con "Strange Frame Of Mind" al terzo lavoro in
studio dopo "Progeria" (2003) e "Far Out In Aradabia"
(2004). Si formano in Norvegia nel 1997 grazie alla passione musicale
di Jostein Smeby e del collega chitarrista Tommy Ingebrigsten. Il
nome della band, ai più attenti di voi, non sarà di
certo sfuggito, il richiamo ai King Crimson è palese. In effetti
anche stilisticamente ci sono legami, anche se non troppi, ma io aggiungerei
anche i Black Sabbath ed i svedesi Black Bonzo. Importanti dunque
i riferimenti agli anni '70 e persino quelli di certi '60, quando
la Psichedelìa Rock cominciava a dare i primi importanti segnali
di esistenza.
Energia Rock fra i riff di chitarra sempre supportati da un concreto
tappeto di tastiere e " The Flying Norseman" mostra una
band che riesce a bilanciare con saggezza melodie da cantare con della
musica non del tutto scontata. Gli assolo di chitarra sono l'essenza
dell'Hard Prog, divertimento e classe all'attenzione dell'ascoltatore.
Come in una lunga suite proseguono inanellate "Dive" ed
"Into My Eyes" ed i Genesis fanno capolino fra le note,
lasciando nella mente quella sensazione di grandezza, ma anche di
tempi passati.
Ritorna alla grande l'Hard Prog con "Morket", riff compatto
e cadenzato come Tony Iommi (Black Sabbath) ci ha insegnato, ma gli
Arab In Aspic curano anche la parte vocale con cori in sottofondo.
Tutto scorre via come la velocità delle dita sui tasti dell'Hammond,
per la gioia di chi è rimasto ancorato, con giusta causa, agli
anni '70.
"Fall Til Marken" è estremamente nordica, Black Bonzo,
Landberk, Anekdoten fuoriescono prepotentemente fra le note della
composizione, fra nostalgia ed energia, connubio che solo le band
in questione e poche altre sanno trattare contemporaneamente. Grande
musica e suoni imperiosi, da overdose emotiva.
"TV" non esula da quanto descritto, mentre mi sento di sottolineare
la produzione sonora, che riesce giustamente a presentare un suono
vintage e comunque a distinguere fra strumentazioni, voce e coralità
annesse con nitidezza.
Le canzoni a venire godono di buoni ritornelli e giocosi refrain,
sui quali si alternano importanti solo strumentali, senza rendere
per nulla scontato ogni singolo movimento.
"Strange Frame Of Mind" è ricolmo di sensazioni e
suoni, un connubio che piace totalmente a chi vive di Prog e aggiungerei
anche di Rock, in quanto basta ascoltare "Have You Ever Seen
The Rain Pt2" per averne un idea.
Questo degli Arabs In Aspic è un ritorno prepotente e massiccio,
uno schiaffo vero e proprio a testimonianza che il genere è
comunque vivo e vegeto, alla faccia di chi lo snobba. Devono solamente
imparare a proporsi graficamente, l'artwork non è degno specchio
dell'ascolto. MS
Altre recensioni: Progeria; Far
Out in Aradabia; Pictures
in a Dream; Victim of Father’s
Agony; Syndenes Magi
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