Diciottesimo disco per il veterano chitarrista Tedesco Axel Rudi Pell
e nuovo tassello di un mosaico gigante qual’e l’Heavy
Metal. Conosciamo già le capacità esecutive dell’artista
e anche quelle compositive, per cui un nome ed una garanzia confermate.
Circondato sempre dalla sua ottima band formata da Johnny Gioeli alla
voce, Volker Krawczak al basso, Ferdy Doernberg alle tastiere e dal
mitico Mike Terrana alla batteria, il nostro ci propina l’ennesimo
disco di qualità. Sia dal lato compositivo, che esecutivo non
si denotano sbavature, un lavoro ricco di buone melodie e di ottimi
assolo di chitarra. La produzione aiuta a sottolineare lo sforzo creativo
del progetto, mentre l’artwork è l’ennesimo esempio
di rappresentazione tipicamente metallara.
Nulla da eccepire sin dai sette minuti iniziali di “Higher”,
un pezzo altamente adrenalinico, specialmente nel momento centrale,
dove la chitarra si esprime al meglio nell’assolo. Il refrain
ed il ritornello riprendono l’insegnamento dei vecchi maestri
come R.J.Dio, Rainbow, Deep Purple etc. Saldata alla sua precedente,
“Ain’t Gonna Win” è pane per i fans della
band, dove il vocalist Gioeli fornisce un'altra buona prova, anche
se non lo ritengo un cantante di caratura elevata.
Come un rullo compressore il disco prosegue fra i suoi riff sanguigni,
ed è la volta di “Angel Eyes”. Combattiva e massiccia,
la canzone si sbobina come un vecchio film già visto, con le
solite sensazioni durante le scene principali. Si sussulta e si gode,
ma sempre con la consapevolezza di aver vissuto questa scena. In fondo
va bene così, quale artista al mondo cambia stile ogni singolo
brano? Questo è il genere e queste sono le linee focali, prendere
o lasciare. “Crossfire” è più cadenzata,
ma sempre pesante, forse un momento di pausa rispetto le altre realizzazioni.
Spezza l’ascolto la lenta “Touching My Soul”, ballatone
in crescendo, dove le doti tecniche del teutonico chitarrista fuoriescono
in tutto il proprio splendore. “Emotional Echoes” mi prende
bene, canzone strumentale di tecnica e classe, dove non serve correre
sulle corde della chitarra più di tanto per farsi godere. Un
mix di tecnica e cuore che mi convince a pieno. Di routine invece
mi risulta “Riding On An Arrow”, senza troppa enfasi,
quasi stile Scorpions, un buon ritornello canticchiabile ma nulla
più. Identico intro tastieristico di “Higher” in
“Tales Of The Crown” e più o meno stessa linea
d’onda. Più tagliente “Buried Alive”, altro
brano che potrebbe uscire dalla discografia degli Scorpions. Si chiude
con “Northern Lights”, un lento bello e toccante in diversi
passaggi.
In definitiva, “Tales Of The Crown” è l’ennesimo
buon disco di Axel Rudi Pell, i fans sanno cosa attendersi da lui
e di rimando il chitarrista non li delude. Vi piace l’Heavy
Metal al limite del Melodic? Odiate i chitarristi che corrono a cento
all’ora sempre sopra le stesse scale? Questo cd fa per voi.
Compitino eseguito, il ragazzo è promosso, con la suffiecienza.
MS
Altre recensioni: Knights Live; Mystica;
Diamonds Unlocked; The
Crest;
Into the Storm; Risen
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