Una bellissima copertina ci introduce al quindicesimo album (senza
contare raccolte, etc) del guitar-hero tedesco Axel Rudi Pell che
a 53 anni continua a macinare riffs inossidabili ed incorruttibili
di sano heavy rock britannico forgiato nella storia da nomi quali
Rainbow, Dio, Black Sabbath e Deep Purple, scuola senza tempo che
Pell perpetua con ostinazione teutonica e dedizione totale.
L'unica vera novità di "Into The Storm" rispetto
al passato è rappresentato da Bobby Rondinelli (Rainbow, Black
Sabbath, Doro, Blue Öyster Cult, etc) che prende il posto del
grandissimo Mike Terrana dietro le pelli, facendosi trovare pronto
al suo posto e dirigendo il ritmo con la consumata esperienza che
di certo non gli difetta.
La presenza dei fedeli Johnny Gioeli (vc - Hardline), Ferdy Doernberg
(tast) e Volker Krawczak (bs) equivale ad un buon suggello di garanzia
di qualità, ad un perfetto gioco di squadra, ad un meccanismo
oliato a dovere che non sbaglia una battuta, cos' come i brani sono
tutti di un livello qualitativo piuttosto alto ed omogeneo, con tocchi
di melodia ed epicità a condire le classiche radici heavy metal
di ARP. Ma proprio in questi elementi di forza risiedono anche i principali
difetti del long playing, ovvero che sappiamo già come andrà
a finire, tutto suona dannatamente simile a quanto è stato
fatto nei dischi precedenti. Intendiamoci, questo aspetto è
assai comune e frequente in tutte le forme artistiche e musicali e
non penalizzerà in misura significativa il mio giudizio su
"Into The Storm" che, come già scritto poco sopra,
sfoggia nove brani (più intro) di buonissima fattura, arrangiati
con attenzione e cura, in grado di soddisfare le orecchie ed i cuori
dei 'defenders of the faith'.
Passando all'analisi delle canzoni, dopo la canonica ed epica introduzione
strumentali veniamo accolti dal serrato incedere di "Tower Of
Lies", heavy rock virile e muscolare, seguita dalla più
melodica "Long Way To Go", che aggiunge un pizzico dei Magnum
(circa "On A Storyteller's Night") ad un brano non lontano
dai Rainbow, e dalla svelta "Burning Chains". In "Changing
Times" avverto qualcosa che proviene anche dai Thin Lizzy su
un impianto profondamente hard rock tipico della discografia pelliana.
L'introduzione di "Touching Heaven" ha un suono tipicamente
fine '60s/primi '70s, ma i successivi sei minuti si dipanano lungo
epiche e maestose strutture heavy metal e la candidano ad una delle
migliori composizioni del disco ed al suo confronto la dinamica "High
Above" appare meno buona di quanto non sia in realtà.
A sorpresa spunta "Hey Hey My My", cover di un celebre brano
di Neil Young qui risolta in chiave metal che, alla fine, non mi ha
particolarmente interessato, esattamente all'opposto dei dieci minuti
e mezzo della conclusiva "Into The Storm", cadenzato heavy
metal tune intriso di umori sapientemente estratti dai songbooks di
Black Sabbath e Rainbow.
Resta da segnalare l'emozionante ed enfatica ballad "When Truth
Hurts" cui probabilmente avrebbe giovato un leggero taglio rispetto
ai suoi attuali quasi sette minuti.
Chi è alla ricerca di sperimentazioni sonore o ultramoderne
farà bene a stare alla larga da "Into The Storm",
gli altri troveranno in questo scrigno sonorità certamente
familiari, ma eseguite dannatamente bene. ABe
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