Torna Bubola con un album dal titolo emblematico, stiamo attraversando
questa crisi che sembra non avere fine e lui, da artista qual’è,
propone un titolo di speranza, in controtendenza si potrebbe dire.
In Alto i Cuori è la sua nuova raccolta di canzoni, meno rock
e più folk rispetto ad altri suoi lavori precedenti, ma comunque
nel segno di una continuità artistica invidiabile. Dell’importanza
di Bubola abbiamo già parlato in passato e non voglio ripetermi,
ricordo solo che è uno dei cantautori più personali
e originali del nostro panorama, veramente rock, ma anche profondamente
melodico e poetico.
Il nuovo disco si apre con una ballata che contraddice il titolo dell’album,
“Hanno Sparato a un Angelo”… un bambino che era
in braccio al suo papà e non possiamo piangere perché
non abbiamo più lacrime, la penna di Massimo è ancora
ricca di poesia, non importa che sia o meno una storia vera, Bubola
dipinge con estrema delicatezza e forza al tempo stesso una tragedia
e in fondo ci dipinge un mondo e un tempo che rispecchia il nostro
mondo e il nostro tempo, in cui si perde il senso della vita e molto
altro e lui riesce a mettere tutto nelle poche righe di questa ballata
triste. “Un Paese Finto” è una critica ben poco
velata del nostro presente, in fondo è la degna continuazione
del brano precedente, un’altra amara riflessione, per cui l’invito
del titolo del disco assume ancora più forza. Non a caso ecco
che dopo tanta amarezza arriva un brano folk che spiega l’idea
sottostante del cantautore “Cantare e Portare la Croce”,
dove ogni pietra sul cammino nasconde una goccia di sangue, ma bisogna
avere buoni ricordi per andare avanti. “Al Capolinea dei Sogni”
ricorda molto le vecchie produzioni del cantautore veronese, meglio
la successiva “Lacrime Parallele”, che è molto
ispirata, il testo è di una bellezza commovente. “Analogico
Digitale” è una riflessione sulla modernità che
avanza e a cui Bubola sembra non volersi adeguare, una ballata blues
molto sofferta e americana… “analogico è il blues”
mentre il digitale è “il male”, davvero bella.
Con “A Morte i Tiranni” Massimo torna a graffiare e fa
pure male, quasi un invito alla ribellione, un brano “sovversivo”,
ma quanto ci sarebbe bisogno di rialzare almeno un po’ la testa.
Il concetto viene rafforzato dalla successiva “Tasse sui Sogni”,
ancora un blues, più graffiante… “non siete stanchi?”
chiede Bubola. “Una Canzone che Mi Spacca il Cuore” è
un po’ sottotono rispetto al resto, la si potrebbe chiamare
un filler, peccato il titolo mi piaceva. Anche “Ridammi Indietro”
non aggiunge molto al valore del disco. La title track chiude l’album,
“in alto i cuori quando tutto crolla…” è
l’invito finale, sperare contro ogni speranza, un messaggio
buono, soprattutto in questi tempi cattivi.
In fondo il modo di esprimersi di Bubola non è cambiato rispetto
al passato, il suo stile è sempre molto ben riconoscibile,
sia nello scrivere i testi, sia nel comporre le musiche, sia nell’interpretare
il tutto, ma è comunque un disco molto ispirato, un disco che
fa riflettere e che merita di essere ascoltato. GB
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Intervista: 2007
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