Era
un bel po' che non incideva un disco il vecchio leone della British
Invasion e per i più giovani voglio ricordare che negli anni
'60 con i suoi Animals e insieme a Yardbirds, Cream, Who, Ten Years
After e altri grandi pionieri, aveva costituito il primo fronte della
rivoluzione rock, che sarebbe esplosa poco dopo con l'hard rock viscerale
dei primi settanta. Nella sua lunga carriera ci ha regalato hit immortali
come "The House of the Raising Sun" e "Don't Let Me
Be Misunderstood", una strada costellata di alti e bassi, ma
sempre capace di ripartire.
Fra i suoi dischi più riusciti di quel periodo vi segnalo Sun
Secret e Stop. Ma veniamo ad oggi ed è un piacere per me, che
ho sempre amato gli Animals, poterlo ritrovare. My Secret Life, manco
a dirlo è un nuovo inizio, ma fedele alla tradizione blues
del nostro. In questo senso questo è un disco piuttosto nostalgico
e forse è più adatto ad un pubblico "maturo",
anche se la buona qualità può renderlo appetibile ad
un pubblico più vasto.
Le note nostalgiche di "Once Upon A Time" aprono il disco
e Eric si confessa subito e non nasconde gli intenti del suo nuovo
lavoro. Grande rythm 'n' blues suonato in modo impeccabile. "Motorcycle
Girl" a discapito del titolo è un lento latino, del resto
a Burdon è sempre piaciuto mescolare stili diversi, ma il disco
resta ancora ad un livello celebrativo che non lo fa decollare. La
rockeggiante "Over the Border" inizia a graffiare, anche
se si tratta di musica già sentita, ma Eric tira fuori una
grinta insospettabile e il brano ha un ottimo crescendo. "The
Secret" è ancora un blues lento e cantautorale con accenni
tribali, piuttosto inutile. "Factory Girl" gioca con la
musica folk irlandese e pertanto è carico di malinconia, prevedibile
ma struggente, ricorda molto "The House of...". Con "Highway
62" si riparte su atmosfere più propiamente rock, poi
è la volta di "Jazzman" che, manco a dirlo, è
jazzata! "Black and White World" gioca in modo divertente
a mischiare lo ska con il blues, un brano molto sixties. In "Heaven"
Eric fa il verso a Sinatra, ma per fortuna subito dopo arriva l'energica
"Devil Slide" ed è puro divertimento. Un altro paio
di brani precedono l'intimista traccia che da il titolo all'album,
un sereno commiato, molto intenso con la speranza che sia solo un
"arrivederci".
Forse il posto di Burdon è già relegato nella storia
del rock, nel passato, ma il presente è ancora capace di scaldare
i cuori. GB
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