Quando meno te l’aspetti il genere Progressive in Italia rialza
il capo con orgoglio. In questo periodo stiamo assistendo a numerosi
dischi di buon valore artistico ed i Conqueror non fanno eccezione.
Con “Storie Fuori Dal Tempo” siamo al cospetto di un concept
incentrato sull’antica leggenda della Fata Morgana, della quale
si narra la sua giacenza nel fondo delle acque dello stretto di Messina.
La musica è un connubio fra passato e presente, un certo tipo
di sonorità antiche come quelle dei Locanda Delle Fate, si
incontrano con quelle relativamente più moderne degli IQ. L’insieme
è davvero stuzzicante, ce n’è per tutti i gusti,
sin dall’iniziale strumentale “Overture” con tanto
di Hammond e flauto. Gli amanti del genere avranno già drizzato
le orecchie ed a buon motivo, aggiungo io. Alcuni passaggi più
pacati ricordano da vicino i Goblin del bravo Simonetti.
Una dolce chitarra acustica apre “Mosaico Di Colori”,
ma più dolce è la voce femminile che lo narra con morbidezza
e grazia. La musica ci accarezza e ci sussurra alle orecchie l’eco
dei ricordi degli anni ’70. Ancora una volta i fiati in prima
linea a coccolarci e a rapirci dalla realtà. Con “No
Photo” la chitarra si rende più presente e si diverte
a dialogare con una ritmica più cadenzata ed un flauto più
arabeggiante. Non mancano cambi di tempo con passaggi pianistici di
matrice classica. Sette minuti strumentali delicati e mai autocelebrativi
come generalmente il Prog ci ha abituati. Un basso apre “Pagine
Di Poesie”, canzone dai connotati cari alle Orme ed è
a questo punto che il titolo “Storie Fuori dal Tempo”
ci sembra più che adeguato. Nel proseguo ci imbattiamo nelle
ottime arie di “Klaus”, in perfetta linea con quello ascoltato
sin d’ora. Ma come si dice in gergo, Duclis In Fundo la suite
conclusiva “Morgana” di 31 minuti. Pretenziosa? Azzardata?
Non importa, le tastiere iniziali alla IQ bastano già per farmi
venire i brividi sulla pelle, per non parlare poi dell’onnipresente
flauto.
A questo punto vogliamo ignorare ancora una volta un altro prodotto
nostrano dall’immensa musicalità per riscoprirlo poi
fra 20 anni e pagarlo l’ira di Dio? Vogliamo farlo amare ancora
una volta solo dal paese del Sol Levante, molto più attento
di noi al nostro movimento Prog? E va bene, ma io non ci stò
e lo ascolto e riascolto fino alla sazietà. E ringrazio il
cielo che il Prog italiano è duro a morire. MS
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