I Greenwall sono uno dei più raffinati gruppi prog del nostro
panorama e hanno deciso di cimentarsi con il capolavoro rock per antonomasia:
The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd. Per certi versi si tratta
di un atto di grande coraggio, ma per altri è anche un po’
giocare sul sicuro. Rileggere un classico come questo è impegnativo
in partenza, perché è un disco che conoscono tutti,
quindi sai che ti muovi su di un terreno minato, non puoi permetterti
passi falsi. Per contro hai anche un bacino di potenziali interessati
molto ampio, che potrebbe far vendere il disco anche solo perché
stuzzica la curiosità dei tanti floydiani. A parte queste considerazioni,
che potrebbero comunque essere approfondite, credo che nel nostro
caso si tratti principalmente di un omaggio sentito da parte di musicisti
che si sono dimostrati maturi per un passo così delicato.
Iniziamo col dire che un folto numero di artisti ha prestato il proprio
talento per realizzare un prodotto abbastanza corale. In questo caso,
oltre alla rilettura del disco dei PF sono stati aggiunti il brano
“Prelude for Rick” dedicato a Wright, una suite di propria
composizione dal titolo “Il Petalo del Fiore” e la cover
di “Wish You Were Here”. Il formato doppio vinile offre
in anche la cover di “Mudmen”, oltre ad un packaging più
ricco.
La rilettura dei Greenwall è personale, l’approccio è
abbastanza free, fra il jazz e la neo classica, ma non mancano anche
sperimentazioni di altro tipo, tutto in chiave prog. La band ha scelto
di riarrangiare tutti i pezzi, è giusto che sia così,
un rifacimento pedissequo non avrebbe avuto senso, ma proprio qui
sta il rischio maggiore, perché essendo un album molto amato
e praticamente perfetto, andare a stravolgerlo è come camminare
su un terreno minato. Il trattamento proposto risulta molto raffinato
e studiato con meticolosa attenzione. Tuttavia, se si escludono alcuni
brani i Greenwall hanno tolto al disco l’anima rock. Comunque
una cosa è stravolgere un singolo brano, altra cosa è
mettere mano ad un album intero. Generalmente sono favorevole a questo
tipo di esperimenti, ma stavolta la sensazione di non ritrovare l’essenza
rock originaria, mi ha lasciato delle perplessità non risolte.
La bravura dei Greenwall è fuori discussione e il loro contributo
è di valore, però mi sento di dire che il risultato
non mi convince.
Altro discorso per il materiale inedito, mi riferisco in particolare
alla suite “Il Petalo del Fiore”, che presenta delle parti
davvero notevoli, molto più rock e in certi casi vicine anche
agli ultimi Anekdoten. I testi in italiano sono un po’ il punto
debole (il tallone d’Achille di gran parte del prog tricolore),
senza togliere che Michela usa la voce in modo eccezionale. Francamente
ho trovato questo materiale molto più interessante della parte
dedicata alla storica band inglese. GB
Altre recensioni: From the Treasure Box;
Zappa Zippa Zuppa Zeppa
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