Fra tutti i gruppi della Prikosnovenie i bulgari Irfan sono fra quelli
che mi hanno colpito di più per la loro abilità nel
creare musica dalla profonda intensità spirituale. Sono passati
ben cinque anni dal loro disco di debutto, un periodo davvero lungo,
ma che non ha fatto altro che creare un’atmosfera di attesa
verso questo disco per coloro che hanno assaporato il precedente.
La musica degli Irfan è un mix di influenze, si parte dalla
musica folk balcanica, per passare dalla tradizione sufi, dalla Persia,
dal Caucaso, dal nord Africa, fino alla tradizione bizantina e a quella
medievale europea, per finire coi canti gregoriani. La strumentazione
non poteva essere che tradizionale, con molte percussioni, la viola
e strumenti a corde acustici di derivazione medievale. Il tutto è
poi esaltato dal canto toccante di Denitza Seraphimova, che si avvicina
a quello della Gerrard. Ne esce un sound poetico e sognante, carico
di mistero e di pace interiore al tempo stesso. Musica che ha la forza
di evocare delle forze primordiali insospettate.
Le nove ballate che compongono questo Seraphim sono incantevoli, mistiche,
ascetiche, spingono ad una ricerca interiore, ad una profondità
che si può raggiungere solo in uno stato contemplativo che
al giorno d’oggi sembra anacronistico e fuori luogo, ma che
invece è sempre più necessario e auspicato.
Gli Irfan sono uno di quei gruppi eterei, quasi immateriali, come
l’anima, come quelle emozioni che non si possono descrivere,
ma solo sperare di avere la fortuna di poter provare. GB
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Intervista
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