Fra
i tanti supergruppi apparsi sulle scene in questi anni i Karmakanic
di Jonas Reingold (the Flower Kings) sono uno di quelli a cui sono
più affezionato per l’alta qualità della musica
proposta fin dal debutto. Inoltre questo side project sta dimostrando
una buona longevità, essendo questo il terzo album realizzato.
Una volta tanto non ho voglia di perdermi nella solita descrizione
di chi e cosa ha fatto questo o quel musicista coinvolto. Passiamo
quindi subito alla musica.
“Send A Message From the Heart” è una suite in
classico prog settantiano, ci sono tantissime influenze, dai Genesis
ai Pink Floyd, c’è del rock diretto, del jazz, dei passaggi
sinfonici, ci sono momenti di grande virtuosismo e melodie bellissime,
sembra quasi un carosello prog o un supermercato dove trovi un po’
di tutto ed è tutto molto credibile e ben amalgamato, una vera
prova di forza con un finale splendidamente solenne. “Let in
Hollywood” è molto più decisa e dura, a tratti
si sfiora l’hard rock, un ritmo incalzante con degli arrangiamenti
vocali che catturano con il loro dinamismo contagioso, davvero un
gran bel brano. “Who’s the Boss in the Factory”
ritorna ad un prog frizzante, che mescola armonie semplici e strutture
complesse con una spontaneità disarmante, la vena creativa
di Reingold è sorprendente e brilla in tutto il suo splendore.
Anche “Two Blocks From the Edge” è un magico esempio
di prog che sa alternare semplicità a complessità, un
dono che hanno davvero in pochi in questo genere musicale. “Eternally
Pt:1” è un breve intro al pianoforte dal sapore intensamente
malinconico, lo stesso che prosegue all’inizio di “Eternally
Pt:2”, poi la canzone evolve in atmosfere dal sapore particolare,
con una fisarmonica che evoca paesaggi parigini e in contrapposizione
delle linee vocali struggenti, un brano assolutamente straordinario,
che ha un crescendo degno di una partitura di musica classica, per
certi versi mi ha ricordato certe cose di Uli Jon Roth, in particolare
proprio nell’assolo di chitarra.
Forse è un peccato che Jonas non presti le sue abilità
compositive al gruppo madre, ma così possiamo godere di altri
spettacolari viaggi nel mondo del rock progressivo d’autore.
Fin che ci saranno dischi come questo il prog avrà nulla da
temere. GB
Altre recensioni: Entering the Spectra;
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Interviste: 2008
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