Rock Impressions

Karmakanic - Who's the Boss in the Factory KARMAKANIC - Who's the Boss in the Factory
Inside Out
Distribuzione italiana: Audioglobe
Genere: Prog
Support: CD - 2008

Fra i tanti supergruppi apparsi sulle scene in questi anni i Karmakanic di Jonas Reingold (the Flower Kings) sono uno di quelli a cui sono più affezionato per l’alta qualità della musica proposta fin dal debutto. Inoltre questo side project sta dimostrando una buona longevità, essendo questo il terzo album realizzato. Una volta tanto non ho voglia di perdermi nella solita descrizione di chi e cosa ha fatto questo o quel musicista coinvolto. Passiamo quindi subito alla musica.

“Send A Message From the Heart” è una suite in classico prog settantiano, ci sono tantissime influenze, dai Genesis ai Pink Floyd, c’è del rock diretto, del jazz, dei passaggi sinfonici, ci sono momenti di grande virtuosismo e melodie bellissime, sembra quasi un carosello prog o un supermercato dove trovi un po’ di tutto ed è tutto molto credibile e ben amalgamato, una vera prova di forza con un finale splendidamente solenne. “Let in Hollywood” è molto più decisa e dura, a tratti si sfiora l’hard rock, un ritmo incalzante con degli arrangiamenti vocali che catturano con il loro dinamismo contagioso, davvero un gran bel brano. “Who’s the Boss in the Factory” ritorna ad un prog frizzante, che mescola armonie semplici e strutture complesse con una spontaneità disarmante, la vena creativa di Reingold è sorprendente e brilla in tutto il suo splendore. Anche “Two Blocks From the Edge” è un magico esempio di prog che sa alternare semplicità a complessità, un dono che hanno davvero in pochi in questo genere musicale. “Eternally Pt:1” è un breve intro al pianoforte dal sapore intensamente malinconico, lo stesso che prosegue all’inizio di “Eternally Pt:2”, poi la canzone evolve in atmosfere dal sapore particolare, con una fisarmonica che evoca paesaggi parigini e in contrapposizione delle linee vocali struggenti, un brano assolutamente straordinario, che ha un crescendo degno di una partitura di musica classica, per certi versi mi ha ricordato certe cose di Uli Jon Roth, in particolare proprio nell’assolo di chitarra.

Forse è un peccato che Jonas non presti le sue abilità compositive al gruppo madre, ma così possiamo godere di altri spettacolari viaggi nel mondo del rock progressivo d’autore. Fin che ci saranno dischi come questo il prog avrà nulla da temere. GB


Altre recensioni: Entering the Spectra; Wheel of Life; In A Perfect World

Interviste: 2008

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