Già
nelle premesse l'appuntamento di questa sera è un'occasione
da non perdere, infatti, non ci troviamo nel solito stadio polveroso,
non in un fumoso locale dalla pessima acustica e nemmeno in una piazza
dove l'attenzione si disperde con facilità e spesso l'acustica
fa schifo, ma, grazie alla brillante idea degli organizzatori, ci
troviamo in un teatro all'aperto sul Lago di Garda, uno dei posti
più belli d'Italia. Questo luogo, nonostante lo sfrenato sfruttamento
edilizio, offre ancora scorci mozzafiato e paesaggi carichi di poesia
e di memoria storica. Per questi suoi connotati il lago, detto anche
Benaco, è sede ideale per manifestazioni culturali.
Ci troviamo nella grandiosa villa monumento Il Vittoriale degli Italiani,
che fu residenza del poeta trasgressivo ed avventuroso Gabriele D'Annunzio,
forse il più importante esponente artistico di un'epoca decadente
e ambigua, che in questo luogo viene sapientemente conservata, il
posto non poteva essere più suggestivo e da solo rende indimenticabile
la serata.
L'atmosfera della platea è surreale, il pubblico è molto
eterogeneo ed è carico di aspettative per questo evento musicale,
anche perché i King Crimson, essendo un gruppo assolutamente
imprevedibile, promettono uno spettacolo memorabile. E' dal lontanissimo
69 che il gruppo si è imposto come riferimento primo della
scena progressiva e si è sempre posto all'avanguardia nella
ricerca di soluzioni innovative e sperimentali. Cosi la loro intelligente
miscela di tecnica e di elettronica incanta senza difficoltà
la platea che segue il concerto in religioso silenzio, cosa piuttosto
insolita nel rock.
Accanto a Robert Fripp, unico elemento di continuità del gruppo,
che suona una chitarra da cui trae gli effetti più sorprendenti,
troviamo un Adrian Belew particolarmente ispirato alla voce e chitarra
ritmica, Trey Gunn alla "touch guitar" (una chitarra a dieci
corde manovrata con una maestria micidiale) e Pat Mastelotto alla
batteria elettronica. La complessità dei brani e la perizia
esecutiva della band lasciano senza parole, roba da far impallidire
anche il "teatro del sogno", ci troviamo di fronte ai veri
ed indiscussi signori del prog, ma non è tutto oro quello che
brilla. Brano dopo brano l'elettronica risulta pesante ed indigesta
anche perché si avverte che non aggiunge nulla alla magia del
suono, anzi per quanto la batteria sia sofisticata e ricca di timbriche
il suono che ne esce è comunque freddo ed è un vero
peccato perché Pat possiede un talento pazzesco. Stessa cosa
si può dire quando Rob riproduce le tastiere con la sua sei
corde, per quanto bravo le tastiere vere sono meglio!
I tre bis sono stati bizzarri, il primo è un brano eseguito
da Rob, Pat e Trey, mentre il successivo è un "solo"
acustico di Adrian. Per il finale viene scelto a sorpresa la mai dimenticata
"Heroes" di Bowie e il pubblico esulta. Il concerto è
stato bellissimo, ma in un certo senso mi è rimasto l'amaro
in bocca. GB
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