L'infaticabile Nolan (Pendragon, Arena, Strangers on a Train, Shadowland
e altro ancora) torna sul mercato in coppia di Oliver Wakeman (figlio
d'arte) per dare un seguito all'incantevole Jabberwocky, opera fantasy
dai pregevoli contenuti.
Per dare un seguito al brillante esordio i nostri hanno scelto a sorpresa
un classico della letteratura "gialla" di Arthur Conan Doyle,
padre di Sherlock Holmes, e si sono circondati di prestigiosi amici
come guests: Bob Catley, Arjen Lucassen, Peter Banks, Michelle Young
e molti alri, più o meno la stessa formazione del primo disco,
mentre le parti recitate sono ad opera del famoso attore Robert Powell
(molti lo ricorderanno nella parte di Gesù).
Con un'opera così non mancano di certo gli spunti per trarre
ispirazione e così dalle magiche dita di Clive e Oliver escono
brani densi di tensione epica e drammatica, atmosfere gotiche e spettrali.
Il disco inizia con "Overture" con un organo solenne e sinistro
che ci introduce in un'atmosfera inquietante e tenebrosa, ricordando
molto da vicino Simonetti e i Goblin. "The Curse of the Baskervilles"
inizia con eleganza, il clavicembalo da un tocco snob molto inglese
e teatrale, poi il brano esplode con grande forza drammatica. "Three
Broken Threads" è uno strumentale di collegamento dal
ritmo veloce e che richiama ancora atmosfere inquietanti, ma quando
Catley entra nella cadenzata "Shadows of Fate" il mio cuore
incomincia veramente a battere più forte e la mia stanza si
popola di fantasmi che si aggirano insonni e gli echi dei grandi gruppi
e della grande musica rimbalzano nella mia mente come folletti. Catley
è una delle voci più belle e suggestive del rock e questo
brano sembra fatto apposta per esaltarlo. "At Home in the Mire"
è un brano molto epico, mentre il refrain di "Run For
Your Life" ricorda molto certe cose di Lana Lane, ma non vince
il confronto. "Picture of a Lady" è una song un po'
sdolcinata e prevedibile, che si regge sull'interpretazione di Catley.
La seconda parte dell'album è meno coinvolgente della prima,
mantenendone nella sostanza lo stesso livello e non presentando più
idee nuove, scorre via velocemente. "Seldon" è un
brano dal forte impatto e che ricorda molto le idee di Imaginos dei
BOC. "Death on the Moor" si salva per il suo incedere misterioso
e per le strane architetture ritmiche. "Chasing the Hound"
chiude un buon disco, ricco di spunti interessanti e di buoni momenti,
un'opera non sempre originale, ma che mostra artisti di grande talento
cimentarsi con efficacia. Un concept ispirato. GB
Intervista
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