PORCUPINE TREE
Di Salari Massimo
Facciamo un breve viaggio nella discografia di questa band inglese,
autrice di un Rock a tratti Psichedelico, Progressivo ed in certi
frangenti perfino Metal. Mente di tutta questa amalgama di suoni è
Steven Wilson, ma non solo autore, infatti esso è anche ottimo
produttore e lo ritroviamo anche con artisti del calibro di Fish o
degli Opeth..
Personaggio ispirato in molti versi, sperimentatore nato, per inquadrarlo
basta ricordare i numerosi progetti: i No- Man, un trio dedito ad
un sound prettamente Psichedelico, i Bass Communion, musica Elettronica
alternativa, i Blackfield, band fortunatissima autrice ad ora di due
splendidi album come “Blackfield” e “Blackfield
II”. In esso Steven collabora con l’Israeliano Aviv Geffen
e propone una musica Rock a cavallo fra il Pop ed il Prog più
malinconico.
Tutto comincia nella casa di Wilson nel 1987, gli esperimenti solistici
si concretizzano in demo tape (oggi ricercatissimi), per poi sfociare
in una discografia torrenziale. Per questo motivo mi astengo dal commentare
le numerose edizioni limitate, Live, sigoli e DVD vari, messi in commercio
su internet. Non li ignoro ovviamente, ma mi limito solo a segnalarveli.
Signori, i Porcupine Tree:
On The Sunday Of Life… (1991) Diciotto brani
suonati e prodotti da Wilson in persona. Accompagnato da un libretto
interno esaustivo con tanto di spiegazioni e testi, “On The
Sunday Of Life” è un viaggio mentale fra suoni campionati
e Psichedelia. Non esulano tratti orecchiabili e tuttavia gia si presenta
la passione di Steven per certi Pink Floyd. In questo (chiamiamolo
così) esordio, possiamo godere di un brano che ancora oggi
è presente in molte date dal vivo, specialmente nei “bis”,
ossia “Radioactive Toy”. Successo inatteso, condito di
molta Psichedelia e di facile memorizzazione. La chitarra di Steven
è strumento principe, mentre il suono è minimale. Con
esso lo stile Porcupine Tree inizia il proprio percorso. Da menzionare
anche le ottime “Nine Cats” e “It Will Ruin For
A Million Years”. Tuttavia l’album seppur ricco di buone
intuizioni, si dimostra logorroico e dispersivo in alcuni aspetti,
ossia si sofferma troppo su certe sonorità, sostenendole troppo
a lungo. VOTO 6
Up The Downstair (1993) Le idee aumentano e l’artista
sente il bisogno di circondarsi di strumentisti. Contatta dai Japan
Richard Barbieri per le tastiere e l’elettronica e Colin Edwin
per le parti di basso, sino ad oggi suo fido amico. Le chitarre si
fanno più spazio, si intuisce la crescita artistica e la tentazione
di virare verso sonorità più abbordabili. “Synesthesia”
ha un buon ritornello ed un solo di chitarra finale davvero piacevole
e Pinkfloydiano. Nulla in confronto alla ottima “Always Never”,
vero specchio nei confronti di Gilmour e soci. Le atmosfere del disco
sono eteree, scure e malinconiche, ma dimostrano una crescita interna
rispetto al precedente lavoro. Il sound è ancora molto sperimentale
e lisergico, ancora contaminato dal lungo trip del 1992 intitolato
“Voyage 34”, brano unico e psichedelico al 100%. Anche
in esso si parla di psicologia, di sostanze stupefacenti ed allucinogene
che portano l’uomo alla disperazione finale. Tornando ad “Up
The Downstair” non mi resta che sottolineare anche l’ottima
e conclusiva “Fadeaway”. VOTO 6,5
The Sky Moves Sideways (1995) Con questo disco i
Porcupine Tree divengono band effettiva, con la giunta di un batterista
di ruolo come Chris Maitland ed il risultato finale ne gode a pieno.
Qui i Pink Floyd sono dappertutto, massimo punto di tributo a questa
band. “The Sky Moves Sideways” apre nuovi spiragli anche
a un certo tipo di Progressive, non a caso il brano che da il titolo
all’album è suddiviso in due suite. Wilson muta leggermente
di stile, si affina, ricerca nuove sensazioni e le ritrasmette a noi
sotto forma di sogni sonori. L’elettronica di qualche anno fa
è messa più in disparte, seppure ancora presente ed
il suono diventa più caldo. Diventano punto di riferimento
per molte altre band del periodo e godono di una stima inaspettata
specialmente in quel di Roma, passando per cult band. Stupenda anche
“The Moon Touches Your Shoulder” e la suite “Moonlop”,
nel 1994 anche EP. Con questo disco i Porcupine Tree sono una realtà
inconfutabile. VOTO 7
Signify (1996) Strabiliante il crescendo artistico
di Wilson e soci, anno dopo anno la maturazione e la personalità
si rafforzano sempre più. Pur restando dentro la Psichedelia
lisergica, “Signify” equilibra alla perfezione le sonorità
eteree con una buona dose di melodie facilmente assimilabili, un nuovo
passo verso una differente mutazione… l’ennesima. Le chitarre
suonano più Hard e la ritmica più incalzante, Dunque
non solo Pink Floyd. La band sembra rodata ed oliata a puntino dalle
numerose date live. Non si può restare indifferenti all’ascolto
della title track o alle ottime intuizioni sonore di “Sleep
Of No Dreaming”. Steven alterna il cantato soave ed aureo al
quale ci ha abituati a quello più tradizionale, adatto a brani
più commerciali. Questo lavoro dimostra che si può essere
alternativi e psichedelici anche toccando suoni più popolari.
Altre gemme da ascoltare con attenzione sono “Waiting Phase
One & Two”, dieci minuti che portano la band a fare capolino
anche nel Progressive Rock. Ora nel sound della band si aggirano anche
i King Crimson a dimostrazione della cultura musicale dei nostri artisti.
Il pubblico aumenta anche grazie a questo stile unico e riesce a mettere
d’accordo anche diverse generazioni. In parole povere nel 1996
i Porcupine Tree non hanno una collocazione stilistica ben definita
rispetto i canoni di allora, persino gli scribacchini di settore vanno
in difficoltà nel catalogarli. “Signify” è
un altro lavoro oscuro, malinconico ma con ampie schiarite, come quelle
di “Every Home Is Wried”, dove la band fa buon uso di
coralità studiate, le quali diventeranno anche in futuro un
marchio di riconoscimento. Chiude un brano grandioso ed etereo,”Dark
Matter”, nove minuti di godimento ad occhi chiusi. VOTO 8
Coma Divine (1997) registrato a Roma dal vivo (recensione)
Metanoia (1998) Questo disco è frutto di
una jam session avvenuta durante le registrazioni di “Signify”.
Trascinante ed improvvisato giro di riff, ovviamente dedito alla Psichedelia
e non solo. La band si lascia trascinare dai propri trip mentali,
offrendo sfumature cromatiche a tratti calde e tangibili ed altre
fredde ed impalpabili. Gli elementi si ritrovano alla perfezione,
la band ha passato ufficialmente il tagliando. Tutto il disco è
strumentale e consigliato solo agli amanti della band, in quanto in
esso non si aggirano ritornelli cantabili o quant’altro la band
ci ha abituati. Attenzione, chi li conosce con questo disco potrebbe
fuggire via da loro. VOTO 6,5
Stupid Dream (1999) Ed ecco finalmente il disco
che lascia il segno, quello che non si dimentica più dalla
prima all’ultima nota. Un lavoro completo, quello che scorre
senza momenti di pausa. Consacrazione definitiva sia per il pubblico
che li conosce come fenomeno del momento, sia per lo stile oramai
fermamente appurato. La parola Psichedelia lascia sempre più
spazio a “Progressive”, anche se i Pink Floyd aleggiano
ancora in maniera pesante, come in “Don’t Hate Me”.
Impossibile davvero eleggere brano top del disco, i singoli scelti
dalla casa discografica sono “Piano Lesson” e “Stranger
By The Minute”. Curioso il fatto di intitolare un brano strumentale
con “Tinto Brass”, ma Wilson ci assicura di non conoscere
il regista, tantomeno i suoi films , racconta di avere letto questo
nome in qualche rivista e di essere rimasto affascinato semplicemente
dalla sua fonetica….sarà vero? Qui le sonorità
sono meno oscure e la produzione della K Scope è più
cristallina, donando al disco una modernità inattesa. I Porcospini
da questo momento in poi non scherzano più, nascono siti e
fans club in tutto il mondo, malgrado tutto non si sentono appagati.
VOTO 9
Lightbulb Sun (2000) E l’evoluzione continua,
la band non frena la voglia di sperimentare, nonostante trovata la
formula giusta per accattivarsi il pubblico. Non oserei definire tutto
questo ne coraggio e ne scelleratezza, ma semplice piacere e voglia
di fare musica. “Lightbulb Sun” non si discosta poi molto
da “Stupid Dream”, ma segnali di mutamento ulteriori ci
sono. Questi riguardano un lieve indurimento del sound, chitarre più
Hard che si alternano a momenti sognanti. Perfetto esempio dello stile
Porcupine Tree anno 2000 è proprio circoscritto nel brano “Shesmovedon”.
Ritornello stupendo, coralità, chitarra con solo finale sopraffino,
Hard e Prog! Ecco tutte le carte sono in tavola, Psichedelia , Elettronica,
Prog, Tutta la carriera mixata in quasi un ora di musica. E’
bello ascoltare questo disco, ma qualcosa non scorre come nel suo
suntuoso predecessore, si intuisce che il gruppo è in fase
di muta, malgrado tutto brani come “Lightbulb Sun”, “Hatesong”,
“Where We Would Be” e la minisuite “Russia On Ice”,
oltre che la gia citata “Shesmovedon”, lasciano il segno.
Wilson alterna momenti docili ad altri più articolati con sorprendente
indifferenza, lasciando nell’ascoltatore un profondo senso di
incertezza. Chi ama la musica da ascoltare e non da “sentire”,
si innamora di questa band e non l’abbandona più. VOTO
7,5
Recordings (2001) (recensione)
Questa raccolta di brani inediti registrati in diversi momenti della
loro carriera e non utilizzati in dischi ufficiali, esce in edizione
limitata in 20.000 copie. Davvero una selezione ottima di pezzi assolutamente
validi a tratti di caratura notevole, come “In Formaldeyde”.
C’è anche “Even Less” in versione extended
di quattordici minuti ed altri brani strumentali da brivido. Da avere.
VOTO 8
Star Die: The Delirium Years 91-97 (2002) Altra
raccolta di pezzi inediti, editi e rifatti del periodo Delirium. Doppio
cd confezionato in un cofanetto elegante con tanto di megalibretto
interno, con tutta la storia della band. Ci sono dei classici come
“Radioactive Toy”, tutti brani fino al periodo “Signify”
compreso. Doppio consigliato a tutti i fans e non. VOTO 8
In Absentia (2002) Ma in definitiva, cosa hanno
incubato dal 2000 al 2002 i Porcupine Tree? Dopo il periodo delle
raccolte, tutto si svela ai nostri orecchi in “In Absentia”.
La collaborazione come produttore di Wilson con gli Opeth ha un effetto
importante sulla sua stessa personalità. Le sonorità
oscure e metalliche (Death) degli Opeth si trasmettono in parte in
questo concepimento. “In Absentia” è un disco pesante,
oscuro, con un fascino del tutto particolare. Ecco la nuova mutazione,
tutto senza troncare con le proprie radici, è un sommarsi di
cose per cui non c’è da stupirsi se vi dico che qui si
trovano Pink Floyd, King Crimson ed Heavy Metal. Il disco incomincia
subito con un riff da pugno in faccia, quello di “Blackest Eyes”,
il quale lascia immediatamente spazio alla melodicità ed alla
pacatezza della voce di Steven. Ecco, questi pochi secondi iniziali
sono il sunto della linfa sonora dei nuovi Porcupine Tree. In questo
disco risiedono altri brani classici, “The Sound Of Musak”
e “Strip The Soul”, ma malgrado la band ami stupire ed
evolversi, inevitabilmente non centra a pieno il bersaglio. E’
un cd bellissimo, dedicato a chi ama le emozioni forti, ma non del
tutto fluido. Le buone idee, o meglio i semi di questo lavoro, daranno
i frutti tre anni dopo. VOTO 7,5
Deadwing (2005) Perfetto! Basterebbe commentare
con questo aggettivo e finirla qui, ma voglio spiegare il perché
di tanto entusiasmo. Questo disco è tutto concatenato, un mix
di quanto detto sino ad ora, con la giunta di ritornelli e coralità
davvero indovinate. Il sound è sempre più duro ma meno
oscuro, la chitarra di Wilson è sempre più nervosa e
quando parte nei solo è micidiale. L’idea di fondere
il loro sound con delle sonorità più ruffiane e commerciali
fanno di “Deadwing” un disco da cantare, soprattutto in
sede live assieme a loro. Esempio eccellente è il ritornello
di “Lazarus”, o quello armonioso di “Open Car”,
ci si può scatenare con “Halo” o “Shallow”.
Altro frangente commerciale ma non scontato è “Mellotron
Scratch”, ma la perla del disco si intitola “Arriving
Somewere, But Not Here”. Il suo crescendo alienante e psichedelico
sfocia in un feroce e nervoso Death Metal per poi ripiombare vertiginosamente
nel Progressive. In questo disco i Porcupine Tree mettono in cattedra
tutta la tecnica ed intesa, una tecnica da paura, specialmente quella
dimostrata dal nuovo batterista Gavin Harrison, una vera e propria
macchina da guerra! “Deadwing” si stampa indelebilmente
nella mente, è il classico disco che un amante della musica
Rock vorrebbe sentire. Nulla da modificare, tutto al posto giusto,
è così che deve essere. VOTO 10
Fear Of A Blank Planet (2007) Ancora una volta Steven
e soci ci stupiscono per creatività. In questo disco sono mischiate
anche le influenze delle band parallele di Wilson, ossia ci sono scheggie
di Blackfield e di No Man. Non è abbandonata la strada di “Deadwing”,
ma all’ascolto di “Fear Of A Blank Planet” si ha
gia la sensazione di essersi allontanati un poco. Questo cd non è
perfetto, c’è nuovamente la sensazione che la band stia
nuovamente virando da qualche altra parte, non ancora ben definita.
Un altalenarsi di durezze e carezze, argomenti forti, si parla del
rapporto fra i media ed i giovani e il suo devastante potere. La title
track parla proprio di questo. Due i pezzi più commerciali
e di facile memorizzazione, “My Ashes” e “Sentimental”,
per il resto lavoro di routine. Oramai la band si ritrova ad occhi
chiusi e quando parte, non ce n’è per nessuno. VOTO 7,5
A questo punto non resta che attendere quest’anno il nuovo passo
e da quanto trapelato nel web, si parla anche di un brano suite, un
ritorno verso un Prog più marcato? Non lo sappiamo e non importa,
i Porcupine Tree sanno quello che fanno e quando una band si comporta
così, riesce a trasmettere la propria passione ed emozione.
Avanti dunque senza imposizioni esterne, perciò questi ragazzi
sono dei grandi e saranno ricordati nella storia del Rock.
Per tutte le uscite più o meno ufficiali vi rimandiamo al loro
sito:
http://www.porcupinetree.com/discography.cfm
Recensioni: Coma Divine; Nil
Recurring; The Incident; Anesthetize;
Recordings
Sito Web
Per un assaggio: http://www.myspace.com/porcupinetree
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