Questo
è il terzo album dei Quikion che recensisco e ogni volta mi
trovo a provare delle emozioni nuove e inaspettate. I Quikion sono
un trio dedito alla world music, ma la loro attitudine ha un che di
progressivo, ecco perché li troviamo accasati alla Poseidon
che è specializzata appunto in questo genere. L’anima
prog di questa ensamble risiede nel tentativo di interpretare delle
melodie popolari e non ri riproporle nel loro tessuto originale. In
questo senso si può parlare di folk prog.
Dal ’92, anno di formazione, ad oggi il gruppo ha inciso quattro
cd di cui due mini, questo è il secondo album vero e proprio
e si sente che il gruppo ha acquisito una coesione e una padronanza
maggiori. Musica estremamente elegante, suonata con strumenti tradizionali
come la concertina, che ho scoperto essere una piccola fisarmonica,
l’accordion che corrisponde proprio alle nostre fisarmoniche,
vari tipi di xilofono, il bouzouki, sonagli e percussioni e una chitarra
acustica. Alcuni brani sono presi da tradizionali come “Spellbound”
che è un tradizionale Pakistano, “Moon and A Bride”
che viene dalla Yugoslavia, “Sirba d’Accordeon”
preso dalla Romania e “The Cuckoo” che viene dall’Inghilterra.
Difficile comunque non riconoscere l’impianto celtico tipico
irlandese di “Concertina Blues”, ma il gruppo, come dicevamo
prima, rielabora tutte queste sensazioni e ne fa un unico sound pieno
di sapori e di colori che solo una mente musicalmente aperta riesce
a cogliere in tutta la loro bellezza.
La musica è sempre più un linguaggio universale e questa
è la lezione semplice e magnifica dei Quikion, loro lo fanno
con grande garbo e delicatezza, noi, se lo vogliamo, ne possiamo restare
affascinati. GB
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