Questa è la terza volta che incontro i francesi Rajna, ma questo è il loro ottavo album. I Rajna sono una formazione che, sull’esempio dei Dead Can Dance più spirituali, ha intrapreso un cammino estetico dedito allo studio delle musiche orientali dal forte contenuto mistico. Musica contemplativa, priva di qualsiasi orpello commerciale o modaiolo, che mira ad una ricerca interiore totale. Per questo anche non facile o banale, mai scontata o prevedibile, ma talvolta anche ruvida nella sua sincerità.

Questo nuovo album mi è sembrato molto più elettronico e rock rispetto ai due precedenti, infatti c’è la presenza garbata di una chitarra elettrica, inoltre per la prima volta ci sono dei testi veri e prorpi invece di vocalizzi. Comunque il gruppo non si discosta molto dai canoni compositivi a cui ha abituato i suoi estimatori. Inalterati sono però i percorsi offerti all’ascoltatore attento ed esigente, che cerca porte per iniziare a viaggire con la mente in mondi misteriosi. I sapori dell’oriente sono sempre molto evidenti, la spiritualità di questa musica non è sempre trascendente, ma si mescola anche con sonorità suadenti e sensuali, perché lo spirito alberga nella carne e anche la fisicità diventa via di perfezione. Il brano di punta dell’album è “Porcelain Sky” ed è proposta in tre versioni, una più eterea e spirituale, una dominata dal suono di una chitarra elettrica e infine c’è anche la versione video con mini intervista finale.

Come sempre gli intenti elitari di questo tipo di proposte artistiche limitano di molto la cerchia di pubblico, che accetta la sfida di avventurarsi nell’ascolto di una musica così “fuori” dagli schemi, ma io sono sicuro che i palati più esigenti non resteranno delusi. GB

Altre recensioni: The Door of Serenity; Hidden Temple; Offerings

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