Prosegue
il cammino sperimentale per Vincenzo Ramaglia, dopo “Formaldeide”
del 2007 è la volta di “Chimera”. L’artista
romano realizza nuovamente un prodotto di elevata fattura musicale
e culturale, dove il suono catalizza l’attenzione mentale di
chi ascolta. In questo contenitore musicale partecipano musicisti
come Massimo Ceccarelli (contrabbasso), Renato Ciunfrini (Fiati, basso
ed oggetti vari) e Stefano Giust (batteria e componenti elettronici).
Gli strumenti colloquiano fra di loro alternandosi e ritrovandosi
in un susseguirsi d’improvvisazioni. Si raggiungono e si lasciano,
sopra un tappeto apparentemente psichedelico. “Chimera”
è suddiviso in sette tracce, tutte sulla media di sette minuti
di durata.
Ma cosa ci vuole raccontare l’autore con la parola Chimera?
In essa si celano numerose immagini, a volte misteriose ed altre grottescamente
fantasiose. Le note si amalgamano esprimendo sensazioni suggestive,
ci narrano di pesci abissali, di mitologia, un insieme di molecole
descritte come note. Questa parola ci suggerisce diverse immagini
sonore, ma in definitiva non è altro che il principio della
composizione. Sembra una sfida, un inoltrarsi in un territorio sonoro
sconosciuto. In pratica “Chimera” non è altro che
il proseguo strutturale incominciato l’anno scorso con “Formaldeide”.
Suoni minimali ma che riescono a strappare alla nostra mente delle
sensazioni visive astratte e fantasticamente bizzarre. Non siamo dunque
qui a tessere le lodi di chissà quali melodie, non cercate
ritornelli, non c’è da battere il piede dietro a nessun
ritmo in particolare, qui c’è l’anima di un artista
che come con una macchina fotografica coglie l’attimo e fotografa
una sensazione.
Per capire la sperimentazione al meglio, porto l’esempio di
Massimo Ceccarelli, il quale (come descritto nel bell’artwork)
utilizza la percussione delle corde con una bacchetta gommata, oppure
produce sibili e rombi, sfiorando la cordiera con l’arco. C’è
da sottolineare anche lo sforzo di Ramaglia nel cercare di unire la
partitura con l’improvvisazione, cosa di non facile realizzazione.
Il Sax gioca con se stesso, realizzando suoni astratti. Le percussioni
sono quelle che colpiscono di più a causa del loro modo di
esibirsi, intraprendono un percorso ritmico per poi lasciarlo e raggiungerlo
nuovamente in diversi stadi della composizione.
In conclusione vi consiglio di ascoltare “Chimera” con
il proprio libretto nelle mani, in esso infatti vengono descritte
chiaramente le sensazioni e la rappresentazione dei brani, in questa
maniera si può godere a pieno dell’operato artistico
proposto. Un encomio personale a questo artista , il quale cerca di
intraprendere nuovi percorsi musicali, di catturare sensazioni che,
colte nell’attimo fuggente, vengono immortalate fra i solchi
ottici di questo cd. MS
Altre recensioni: Formaldeide; PVC
Smoking
Chi è disposto ad ascoltare questo contenitore sonoro lo può
fare contattando Vincenzo Ramaglia al suo MySpace
oppure all’indirizzo: v_ramaglia@yahoo.it
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