La
Polonia è una nazione ricettiva alle suntuose sonorità
del Rock Sinfonico, ci sono band che hanno fatto anche la storia del
genere, che si sono distinte nella marea delle realizzazioni. Ci hanno
deliziato gli SBB, Abraxas, Albion, Believe, Grendel, Millenium, Moonrise,
Osada Vida, Strawberry Fields e i Collage con una loro costola attuale:
i Satellite.
La band del batterista polistrumentista Wojtek Szadkowsky si dedica
a suonare un Prog Rock caro alla sua band madre, ossia i Collage,
ma a sua volta debitrice totale a quel New Prog anni ‘80/’90
stile Pendragon e simili.
A poca distanza dal predecessore del 2007 “Into The Night”,
il quartetto polacco torna alla nostra attenzione con questo “Nostalgia”.
Cosa cambia? Ovviamente assolutamente nulla, come d'altronde nel genere
New Prog per se stesso. Questo è un filone assolutamente radicato
ed irremovibile, non aperto a molte nuove contaminazioni, un paradosso?
Forse si, ma chi ama band come i primi Marillion, gli IQ e compagnia
bella, godono e si accontentano di sonorità sontuose, fra importanti
tastiere ed assolo di chitarra mozzafiato.
In definitiva il discorso è anche il sunto di questo bel disco
egregiamente prodotto, ma privo di novità sbalorditive. Questo
è il classico disco che non mette d’accordo tutti, anzi,
che fa sbranare fra di loro i sostenitori del Prog assoluto, quello
classico ed i fans di quello coraggioso e d’avanguardia. Personalmente
io sono un amante di tutti e due, non resto indifferente avanti alle
toccanti melodie (seppur scontate), avanti a buoni assolo, ma neppure
alla presenza di coraggiosi artisti che si vanno ad impelagare in
intricati meandri sperimentali.
Con questo voglio dire che “Nostalgia” mi piace, mi trascina
con la fantasia in mondi fantastici, “Afraid Of What We Say”
mi coglie in pieno, ma allo stesso tempo qualche brano mi strappa
anche uno sbadiglio. La verità è che questo album scorre
abbastanza bene, è professionale e gode di una buona incisione
e consentitemi anche di dire che Szadkowsky è davvero un ottimo
batterista. Belle le interpretazioni vocali di Robert Amirian, per
non parlare degli ottimi pezzi di chitarra (il piatto forte) di Saharan
Kubeisi. Altro brano che mi emoziona è il sussurrato “Am
I Losing Touch?”, un susseguirsi di delicate armonie.
Questo lavoro è suddiviso in sette lunghi brani della media
di otto minuti l’uno, mentre la versione digipack contiene due
brani aggiuntivi, “The Color Of The Rain” e “Relaxed”.
In conclusione promuovo questo disco, nel senso che chi ama il New
Prog e le band prima citate, troverà di che godere, quindi
soldi spesi bene. Chi invece ascolta il Prog più sperimentale
ovviamente è meglio che volga la propria attenzione presso
altri lidi. MS
Altre recensioni: A Street Between Sunrise
and Sunset; Into the Night
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