A due anni da “4”, tornano negli scaffali dei dischi e
nei store multimediali specializzati i napoletani Soul Secret con
il loro pindarico Metal Progressive. Dopo il crescendo qualitativo
presentato negli anni a partire dal 2008, “Babel” lascia
presagire ulteriore carne al fuoco nei dieci brani che lo compongono.
La band è dunque cresciuta non solo agli occhi degli addetti
ai lavori e della critica, ma anche in quelli del pubblico, tanto
che il disco sarà presentato in anteprima live in Germania
al Night Of The Prog Festival” in apertura del concerto di Mike
Portnoy. L’interesse attorno al quintetto formato da Claudio
Casaburi (basso), Luca Di Gennaro (tastiere), Lino Di Pietrantonio
(voce), Antonio Mocerino (batteria) e Antonio Vittozzi (chitarra)
è dunque accresciuto ed è in fase di consolidazione.
“Babel” è un concept incentrato su temi importanti
quali l’amore e la religione, mentre l’artwork realizzato
da Thomas Ewerhard ne è l’involucro davvero intrigante
ed esaustivo con testi e foto stagliati in ambienti cosmici.
La prima cosa che si denota all’ascolto è una produzione
decisamente buona, il “Prologo” narrato da Mark Manning”
lo evidenzia. Alla voce come ospiti troviamo Andy Kowowski nei panni
del personaggio Sam, Niabi Manning in Adriel e Dorsey Jackson in LogOS.
I Soul Secret badano molto alla sostanza sin da “What We’re
All About”, un Metal Prog interpretato vocalmente in maniera
impeccabile su una composizione intramezzata se pur brevemente, da
ottimi assolo strumentali e tanta melodia orecchiabile, non solo Dream
Theater come si potrebbe ipotizzare. La sezione ritmica si ritrova
e si coadiuva che è un piacere mentre le tastiere di Luca Di
Gennaro sono il collante fra gli strumenti, non solo tappeto sonoro.
La chitarra di Vittozzi è graffiante quando vuole esserlo,
così come delicata, “A Shadow On The Surface” ne
è esempio e il tono si alza ulteriormente nella successiva
“Will They?”. Frangente pacato suggellato dalle tastiere
pianistiche e dalla voce, in “LogOS”, sensazioni ariose
in crescendo che fanno da intro a “Awakened By The Light”.
Il brano si apre con coralità ricercate e d’effetto per
poi lanciarsi in una scorribanda sonora contenente tanto Prog. Qui
i Soul Secret giocano in casa.
“Entering The City Of Gods” è una mini suite di
dieci minuti, la prima del disco, in quanto la conclusiva “In
The Hardest Of Times” ha la durata di quasi quindici minuti.
Ebbene in essa si celano richiami Dream Theater e indagine sonora,
fra ritmiche ricercate ed inserimenti elettronici delle tastiere.
Tornano i supporti corali e una prova vocale notevole, sopra strutture
melodiche solari e gradevoli, specie nell’assolo della chitarra,
emozionante e tecnico (chi ha detto Pink Floyd?). Uno dei momenti
più belli a parere di chi vi scrive. Un intro oscuro di chitarra
classica e piano in stile Opeth, apre “The Cuckoo’s Nest”,
brano che poi si articola come i Soul Secret ci hanno abituati sino
ad ora, tuttavia più Prog che Metal.
Un dolce piano inizia “Newton’s Law”, quasi un apertura
alla Spock’s Beard e Genesis, una canzone che si modella in
corso d’opera, fra bacio e schiaffo.
Ed infine la citata suite finale, degno suggello per un album clamoroso
per emotività e cura dei particolari.
Vi dico senza il minimo dubbio che se un prodotto del genere fosse
stato realizzato da una band straniera, ora molti critici avrebbero
gridato al miracolo. Noi italiani siamo davvero bravi con il Metal
Prog, gridiamolo con orgoglio ed i Soul Secret sono fra le alte vette,
guai perderseli. MS
Altre recensioni: Closer to Daylight;
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Interviste: 2015
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