I Theodor Bastard sono una band di San Pietroburgo nata nel 1996,
che ha prodotto una decina di album in studio. Sono partiti da un’elettronica
noise e industrial per approdare ad un sound che ingloba diverse influenze.
Oggi la loro proposta è ricca di sapori, neofolk, trip hop,
cold wave si mescolano in un melange a tinte dark vagamente apocalittiche,
con molti richiami alla musica etnica. La band è composta da
cinque elementi, il leader e fondatore del gruppo è chitarrista
e cantante Fyodor Svoloch, poi c’è la cantante Yana Veva
(che ha fatto parte anche del progetto Shiva In Exile), Monti alle
tastiere e i percussionisti Kusas e Andy Dmitriev, ma in realtà
gli strumenti usati nel disco sono moltissimi. Il risultato è
davvero particolare e l’estrazione geografica della band dona
un che di esotico ed originale al tutto.
L’album è composto da undici tracce più un remix.
Suoni ancestrali molto rituali, con una componente elettronica minimale,
tutto è sostenuto dalle percussioni. Il cantato di Yana è
affascinante, ha una voce suadente e magnetica, sa di terra e di cerimonie
antiche. Sapienze pagane si mescolano ad una musicalità scorrevole
ed onirica. Le melodie sono belle e anche le parti cantilenanti funzionano
bene, si viene catapultati in una dimensione parallela che sfugge
ai più. La componente naturalistica ovviamente è predominante,
mentre la modernità si assottiglia fino a sparire del tutto
con lo scorrere dei brani. I primi titoli sono tutti splendidi, molto
armonici, poi verso la seconda metà del disco potrebbe servire
un po’ di dimestichezza con queste sonorità. Si potrebbe
correre il rischi di non riuscire a mettersi in collegamento con la
band. Lo scopo di questa musica è di lasciarsi prendere per
mano e lasciarsi trasportare in questa dimensione spirituale alternativa.
In altre parole l’atteggiamento migliore è quello di
affidarsi al band e perdersi nei loro meandri sconosciuti.
Una scoperta davvero interessante i Theodor Bastard, band dalla forte
personalità, e molto bello questo loro disco llo. Notevole
anche l’artwork, con le illustrazioni di Boris Indrikov (http://www.indrikov.com/),
che mi ha subito invogliato all’ascolto del disco. GB
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