Tornano dopo una pausa di circa cinque anni i russi Theodor Bastard
capitanati dal polistrumentista Fedor Svoloch e dalla cantante Yana
Veva. Vivono in una foresta in Karelia, una regione russa al confine
con la Finlandia, un posto magico, dove domina una natura incontaminata.
Il contatto con questi ambienti ancora puri gioca un ruolo fondamentale
nella musica del gruppo. Collaborano molti musicisti con decine di
strumenti, alcuni tradizionali, altri più attuali, il sound
è complesso e ricco di richiami. Definiscono la loro musica
come nordic dark e karelian folk, a cui aggiungono elementi di trip
hop, il risultato è molto suggestivo. Tradizioni ancestrali
che si sposano con sonorità moderne, dalle prime prendono melodie
incantevoli mentre le seconde servono più a chi ascolta per
entrare in sintonia con più facilità.
Il titolo del disco tradotto è Wolfberry ovvero “Bacche
di Goji”, uno dei frutti “miracolosi” diventati
tanto di moda di recente. Come parte il disco si avverte un’intensità
non comune, anche in questa nuova opera si mescolano echi del passato
con sonorità moderne. “Flute Song” introduce con
delicatezza ma il primo vero brano è “Shumi”, una
canzone di rara bellezza, la musica viene messa a servizio di una
introspezione profonda e la voce di Yana è il medium perfetto
per accompagnarci nel viaggio. Ottima l’orchestrazione che ci
avvolge in un crescendo di intensità. Brani mantrici si alternano
ad altri poetici in un’alternanza che rende fluido l’ascolto
nella naturale diversità delle singole tracce.
I Theodor Bastard sono sempre più suggestivi e la loro musica
ha un che di terapeutico, come sostare a lungo in un luogo dove si
può respirare con forza il legame che ci lega alla terra. GB
Altre recensioni: Oikoumene; Vetvi
intervista (solo in inglese): 2020
Sito Web
- Bandcamp
|