Wetton ha un passato talmente prestigioso che è diventato un
icona vivente del prog rock, è stato membro dei King Krimson,
degli Uriah Heep, degli Asia, dei Wishbone Ash, dei Roxy Music solo
per citarne alcuni, ma le sue collaborazioni sono così numerose
che forse nemmeno lui se le rammenta tutte, una delle ultime che mi
piace ricordare è quella dal vivo con i Moongarden, una delle
migliori formazioni italiane di prog degli ultimi anni.
Questo passato però ha suscitato anche molte critiche perché
i puristi hanno storto il naso con la svolta easy listening intrapresa
con gli Asia e proseguita nei dischi solisti del nostro, facendo piovere
su Wetton abbondanti e pesanti critiche. Personalmente ritengo che
John sia un artista totale, l'ho visto suonare in condizioni che nessun
altro artista avrebbe accettato, ma John possiede un'umiltà
eccezionale e lo ha più volte dimostrato e non è da
tutti anche il mettersi in gioco con grande umiltà e suonare
continuamente dal vivo quando potrebbe starsene comodamente a casa,
invece Wetton è uno che la musica l'ha nel dna.
In questa nuova fatica solista prosegue il suo cammino artistico all'insegna
di un pomp sinfonico, che si è via via affinato raggiungendo
livelli eccelsi. Certo non è un capolavoro come Red dei King
Crimson, ma è un disco emozionante con dei brani memorabili.
Lo accompagnano dei musicisti illustri, la crema del prog inglese:
Clive Nolan alle tatiere (Pendragon e Arena), John Mitchell alle chitarre
(Arena), Steve Christey alla batteria (Jadis), Geoffrey Downes (Asia)
alle tastiere più altri ospiti illustri in singoli brani come
Martin Orford (IQ) e Hugh McDowell (ELO), una formazione spettacolare
che da il meglio di se negli undici brani che compongono questo album.
La musica risente del contributo dei vari musicisti coinvolti, in
particolare è la presenza di Nolan che lascia un solco profondo
con i suoi tappeti di tastiere, fra crescendo e stacchi sinfonici
conferisce alla musica di Rock Of Faith una grande maestosità.
Dopo l'intro strumentale "Mondrago" arriva "Rock of
Faith" e entra la voce calda di John, che non ha perso smalto
e scalda il cuore dell'ascoltatore con un'interpretazione intensa
ed emozionante. Con "A New Day" si incomincia a sentire
anche la chitarra di Mitchell e il primo nome che mi viene in mente
è quello dei Magnum che, purtroppo, da tempo non riescono più
a scrivere musica come questa. "I've Come to Take You Home"
è una ballad solenne, a metà strada fra gli Asia più
ispirati e le magie dei Queen. Il disco si muove fra momenti puramente
sinfonici e aperture rock che trovano l'apice in brani come "I
Believe in You", un brano che non può lasciare indifferenti
così come il disco nel suo insieme. Grande John!!! GB
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