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            Prosegue l’opera di ristampa del catalogo dei White Willow col 
            terzo album, la prova della maturità e da sempre il disco più 
            “difficile” da realizzare. Sacrament esce nel 2000, due 
            anni dopo il precedente. Della formazione precedente rimangono solo 
            Jacob Holm-Lupo e la cantante Sylvia Erichsen.
 
 Il disco parte molto bene con l’intensa Anamnesis, prog, folk, 
            psichedelia, hard prog, tutto viene mescolato in modo assolutamente 
            creativo confermando l’ottima vena compositiva di questi artisti. 
            Paper Moon inizia con un bel groove per poi lasciare il posto ad un 
            prog poetico e sognante, dove brilla la voce fiabesca di Sylvia. In 
            The Crucible recuperano il lato medieval folk, quello che in precedenza 
            mi ha fatto pensare di accostarli ai Gryphon, uno piccolo gioiello 
            che nello sviluppo cambia più volte atmosfera e si irrobustisce, 
            ottime le parti di flauto, gran finale in perfetto prog style. Molto 
            più intimista la delicata e breve The Last Rose of Summer, 
            ancora una volta emerge la toccante sensibilità del gruppo. 
            Gnostalgia ci restituisce il lato più prog dei WW, senza dimenticare 
            i vari elementi che compongono il loro ricco sound. Chiude la complessa 
            The Reach, dove la malinconia legata alla fine dell’estate si 
            intreccia con un tessuto nervoso e carico di mistero, brano potente 
            e visionario che mostra tutta la forza espressiva di questo progetto.
 
 Ancora una volta resto ammirato dalla bravura di questo combo di artisti 
            che non hanno nulla da invidiare a band come Anglagard o Anekdoten, 
            un altro splendido esempio di quanto sia interessante il prog nordico. 
            GB
 
 Altre recensioni: Igniis Fatuus; Ex 
            Tenebris; Storm Season; Terminal 
            Twilight
 
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