Spero che solo i "giovanissimi" fra i nostri lettori siano
da annoverare fra quelli che non conoscono il gruppo di cui stiamo
per parlare, anche se credo che questo possa essere il primo disco
degli Who che viene recensito sul nostro giornale (Flash).
Piaccia o meno gli Who sono una band che ha fatto la storia del rock
e che ha influenzato migliaia di musicisti, anche e soprattutto nel
rock duro. La loro avventura è molto sofferta, il gruppo conosce
continui alti e bassi: criticato dalla stampa e adorato dal pubblico
vende bene ma non riesce mai ad ottenere la consacrazione definitiva.
Le forti personalità del cantante Roger Daltrey e del chitarrista
Pete Townshend si scontrano in continuazione, mentre gli eccessi e
le intemperanze del gruppo, che distrugge stages e camere di alberghi,
rappresentano l'immagine "perfetta" della rock star ribelle.
Il 1965 è l'anno di "My Generation", il 33 giri di
debutto che contiene il brano omonimo, un vero inno per i giovani
dell'epoca, una song maledetta che recita "spero di morire prima
di diventare vecchio" e purtroppo il batterista Keith Moon la
prende fin troppo sul serio. La parabola di questa formazione rivoluzionaria
si conclude, infatti, con la morte del folle batterista nel '78, una
presenza insostituibile. Il primo a provarci sarà Keith Jones,
seguito da molti altri fra cui il figlio di Ringo Starr Zak Starkey
che troviamo anche su questo live. I tre superstiti si dedicano principalmente
alle rispettive carriere soliste, ma non mancano di riformarsi ciclicamente
per riportare on stage la loro proverbiale energia.
Quattro sono i dischi live ufficiali che precedono il presente e sono:
Live at Leeds (70), Who's Last (84), Join Together (90) e Live at
the Isle of White 1970 (96). Ora a me non interessa fare dei confronti
diretti coi precedenti, ma voglio dire che il presente triplo ci restituisce
una band grandiosa, capace di comunicare un'energia veramente contagiosa.
Piuttosto, forse sarebbe stato più interessante la pubblicazione
del concerto del '96 con la riproposizione dell'intera Quadrophenia,
con ospiti quali Bob Dylan, Eric Clapton, David Gilmour, Alanis Morissette
e un'orchestra di ben sessanta elementi. Comunque questo live celebra
le ultime performance di John Entwistle, un bassista immenso.
Anche in questa occasione ci sono vari ospiti fra i quali Bryan Adams,
Paul Weller e Noel Gallagher, presenze che non influiscono più
di tanto sulla resa del concerto. Le tracce in scaletta sono ben ventinove
sparse su tre dischetti, anche se il terzo è una specie di
bonus disk con solo quattro brani tratti dall'ultima esibizione del
2002, mentre il resto proviene da un'esibizione del 2000. Una tale
abbondanza di materiale permette di approfondire a sufficienza il
gruppo. Le registrazioni non sono sempre brillanti, e la voce di Daltrey
ha conosciuto tempi migliori, ma c'è una certa genuinità
e una grinta inossidabile da fare invidia a tanti giovani pseudo rockettari
dell'ultima ora.
Questo è grande rock, quello vero senza compromessi o cedimenti,
quello dei pionieri del genere, quello dei ragazzi di periferia che
non hanno mai perso la voglia di urlare la loro rabbia, le loro frustrazioni
e le loro speranze. Un disco da amare senza riserve. GB
Altre recensioni: Amazing Journey
Live reportage: 2007
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