Gli Artesia tornano con un terzo album e una formazione rinnovata, la violinista Coralie ha preso il posto di Gaelle, mentre il chitarrista e percussionista Loic (Belenos) non compare più come ospite, ma come membro effettivo del gruppo. Ma la sostanza non è cambiata, il sound proposto è pressoché identico ai due lavori precedenti. Musica neoclassica di grande eleganza, con una dose massiccia di atmosfere malinconiche, la tristezza in effetti sembra essere un quarto membro della band. Le fonti di ispirazione dei nostri sono come sempre i Dark Sanctuary, ma vengono citati anche la colonna sonora del Signore degli Anelli e la musica celtica, in particolare la nuova violinista viene da quella tradizione, anche se nel cd non si sentono le classiche atmosfere celtiche a cui siamo abituati.

Llydaw è il nome gallese della Britannia, quindi il disco ruota tutto attorno alle leggende celtiche, come anche il predecessore, quindi c’è una decisa continuità artistica, questo è una garanzia per tutti gli ammiratori di questo gruppo, ma è anche il principale difetto del cd, perché vengono riproposti tutti i limiti che avevamo evidenziato nelle precedenti recensioni. La musica degli Artesia è si molto elegante e solenne, riesce ad evocare atmosfere dense di sofferta malinconia con grande efficacia, ma è anche musica troppo elegante, chiusa in un confine stilistico che alla fine diventa più una gabbia che non un mezzo per liberare le proprie energie creative.

Il disco è etereo e glacialmente bello, di quella bellezza che emoziona, ma che genera anche una forma di distacco e di distanza. Questo percorso artistico degli Artesia è sempre più delineato e se non ci saranno grosse novità, dubito che in futuro vorranno sorprenderci, ma sarò ben felice di ricredermi. Belli i disegni che illustrano il booklet. GB

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