Dopo quasi tre anni di attesa, ritornano i francesi The Black Noodle
Project per farci ascoltare il settimo lavoro da studio. Questo periodo
di assenza non è passato incolume, si è assistito alla
defezione del bassista Anthony Lètèvè e del tastierista
Matthiew Jaubert e quindi come si disse per i Genesis, sperando che
sia di buon auspicio di vendite….e rimasero in tre. La formazione
è composta da Jeremie Grima (chitarra, basso, voce, tastiere),
Sebastian Bourdeix (chitarra) e Fabrice Berger (batteria).
“Ghosts & Memories” prosegue il percorso intrapreso
con il buon “Ready To Go” (2010), ma quello che risalta
principalmente all’ascolto è una maggiore cura per gli
arrangiamenti. Le atmosfere Dark presenti anche nei capolavori dei
Pink Floyd come in “Whis You Were Here” ed “Animal”
sono ancora una volta presenti, così lo stile musicale somiglia
nuovamente a quello della band di Gilmour e Waters. Gli interventi
sonori indirizzati verso il Metal fanno di tanto in tanto capolino,
rendendo ancora più grevi le atmosfere.
L’album si apre con “The Wanderer Of Lost Moments”,
canzone che potrebbe benissimo trovare spazio nella discografia degli
Anathema, periodo centrale della loro carriera. Ascoltando questo
modo di comporre, viene naturale anche un paragone con la band Porcupine
Tree di Steven Wilson, oramai vero e proprio faro illuminante per
molte delle band odierne che intraprendono il percorso Progressive
Psichedelico.
“They Live, We Sleep” è una bordata vera e propria
di suoni dedicati al Pink Floyd fans, brano strumentale che alterna
acustica con chitarre elettriche trascinate in stile Gilmour. Sembra
di tornare negli anni ’70 e nell’album “Obscured
By Clouds” con la successiva “The Owis (Are Not What Thy
Seem)”, questa tuttavia resta la prerogativa di tutto l’album.
Musica da ascoltare con attenzione, che deve essere affrontata con
una preparazione psichica adeguata, per poter meglio affrontare il
viaggio proposto ed apprezzarne al meglio i passaggi. Fatelo con “Voices
From Yesterday” e ne trarrete vantaggio anche fisico oltre che
mentale.
Profondità di carattere, la band nulla lascia al caso, curando
ogni aspetto delle composizioni, dagli effetti sonori alla registrazione
stessa, davvero ben effettuata. “Ghosts” è uno
dei frangenti più alti del disco che a questo punto chiamerei
anche opera.
Si chiude con “A Purple Memory”, puro Porcupine Tree style
era “Up The Downstair”, nervoso e cadenzato, aperto ad
ampie schiarite.
Un disco nella sua integrità oscuro, ma composto d’aria,
aperto, sottile e delicato e chi segue il genere in analisi sa bene
dove vado a parare, tutti gli altri non devono esimersi dall’affrontare
questo nuovo percorso sonoro, sicuramente alcuni di voi ne resteranno
folgorati. La Francia non è nuova a belle sorprese in ambito
e faccio anche i complimenti ad Oliver Wenzler, per aver assunto nella
propria scuderia, la Progressive Promotion Records, questa band che
sicuramente negli anni farà parlare di se. Noi italiani arriveremo
a capirlo solo fra qualche anno, è inesorabile. MS
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