Tornano i francesi The Black Noodle Project con l’ottavo disco
da studio dal titolo “Divided We Fall”. Li abbiamo lasciati
nel 2013 con “Ghosts & Memories”, un disco dalle ottime
canzoni ben accolto da critica e pubblico e ci ritroviamo oggi a tessere
nuove lodi sul loro operato odierno. Questo perché oramai il
gruppo è rodato, dalla rigida personalità sagomata nel
tempo, se poi si considera che la storia inizia nel lontano 2001 da
un idea di Jeremie Grima (chitarra, tastiere, voce), allora si comprende
quanto è stato forgiato. La band viene completata da Sebastien
Bourdeux (chitarra), Tommy Rizzitelli (batteria) e Mobo (basso).
L’artwork ad opera di Emilio Grima ben rappresenta le atmosfere
che vanno a scaturire dalla musica suddivisa in sette tracce. Dell’album
esistono anche duecento copie stampate in vinile, questo per i cultori
del suono e collezionisti.
Ma a volte bisogna svestire gli abiti della pacatezza professionale
e lasciarsi andare a considerazioni personali, scusatemi quindi se
in questo caso parlo per me e non per voi, ma la situazione è
tale da non poterne fare a meno. Il modo di suonare questo genere
che valica fra il Prog, la Psichedelia ed il Rock moderno (chiamatelo
come volete, Math, Post…non importa) a me squarcia le viscere,
detto in parole povere “sbudella”! Mi entra dentro, mi
carpisce vecchi ricordi, come facevano certi Anathema, oppure i primi
Porcupine Tree. Malinconia, oscurità, solitudine, tristezza,
strappati dalle viscere del suono elettrico straziante delle chitarre
che si ripercuotono in un loop che sembra non voler mai decollare
e che invece ti ha fregato, perché è decollato sin dall’inizio,
lasciandoti in alto e non te ne sei neppure accorto….Troppo
in alto per capire che le emozioni sono difficili da domare, oramai
è tardi. Vertigini.
Suoni semplici, quasi minimali se si va a considerare, eppure diretti
allo stomaco pur passando per la mente. Certamente non tutto va per
come deve andare, ci sono molti deja vu, canzoni semplici, normali,
spesso anche troppo. Dunque non grido al miracolo, neppure al capolavoro,
ho scritto quest’ultima parola credo per una decina di dischi
in tutta la mia vita ventennale di recensore, figuriamoci. Eppure
mi prende, che devo fare? La mia obbiettività è offuscata.
“Divided We Fall” è molto più strumentale
che cantato (in inglese ovviamente) ed è composto da sette
canzoni delle quali trovo difficoltà ad estrapolarne una in
merito. Forse “Absolom”, ma farei un torto alle altre.
L’album è l’ottavo capitolo in studio, e sono certo
che a molti questo lavoro non torcerà un capello, già
lo so. Io invece godo e vi dirò di più, la sua “banalità”
la voglio ascoltare al meglio, alzo il volume e vi saluto! MS
Altre recensioni: Play
Again; Ghosts and Memories
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