I nordici Brother Ape, album dopo album, si sono conquistati la stima
degli appassionati del prog, perché hanno fatto un cammino
in costante crescita all’insegna di un prog personale e creativo,
che non si è mai conformato alle mode e nemmeno ai cliché
del passato. Turbulence è il loro quarto album e conferma in
pieno quanto ho detto.
Bella e poetica l’iniziale “Welcome Future”, una
canzone piena di speranza e di ottimismo, sottolineato da belle melodie
e da un buon lavoro compositivo a livello ritmico ed armonico, con
una ricerca degli arrangiamenti che non è mai banale. Più
dura e incisiva “Footprints”, che sembra la continuazione
del brano precedente con l’aggiunta di una forte dose di carattere,
quasi Crimsoniana. Potabile l’eterea “No More”,
ma io preferisco di gran lunga quando la band mostra i muscoli come
nella ruvida “Who Will Be Next”, dove riesce a creare
un mix di melodia e potenza capace di graffiare i miei sensi. L’esuberanza
del gruppo emerge con forza anche nella title track, che è
davvero un gran bel brano, dove gli assoli si mescolano con gusto
alle intricate parti ritmiche. Bellissima anche la vagamente psichedelica
“No Return”, anche se di tutta la raccolta è il
brano più settantiano, ma è comunque ben fatto, con
ottimi interventi di chitarra. “Autostrada” a livello
creativo mi dice poco, ma siamo quasi alla fine del cd e un brano
sotto la media a questo punto ci può anche stare. Più
briosa “Lifeprints”, che chiude l’album con una
nuova ventata di energia, anche se le cose migliori sono state mostrate
nei primi due terzi del disco.
I Brother Ape confermano tutte le buone premesse che abbiamo esposto
in passato, sono una band che al quarto lavoro mostra ancora di avere
idee e mezzi per realizzarle e questo non è poco davvero. GB
Altre recensioni: Shangri-La; III;
A Rare Moment of Insight; Force
Majeure
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