Questa band svedese
nel tempo è rimasta merce per stretti appassionati di prog,
nonostante una produzione di tutto rispetto, il gruppo era in attività
già negli anni ottanta col moniker Little Orchestra, ma i dischi
sono arrivati solo nel nuovo millenio. La formazione iniziale era
a quattro, poi dopo il primo album del 2005 sono rimasti un trio e
da allora la formazione non è più cambiata. Le ottime
doti tecnico compositive però non li hanno aiutati ad emergere
in un panorama sempre più competitivo e ricco di proposte,
ma la cosa bella è che questo non li ha dissuasi dal portare
avanti con coerenza e determinazione il proprio cammino fino ad arrivare
a questo sesto album.
Il nuovo album si apre con l’intro “Entry”, che
sembra una cantilena, la cosa spiazza un po’, ma ci introduce
ad un disco diverso da quello che ci saremmo potuti aspettare. La
title track è un brano dal ritmo incalzante, ma i suoni sono
abbastanza rassicuranti, c’è molto pop inglese in sottofondo,
dai Radiohead ai Coldplay, interamente strumentale, lascia un po’
un senso di incompiutezza. “The Mirror” è quindi
il vero primo brano del cd, la melodia portante è solare, il
cantato carezzevole, la struttura è moderatamente prog, con
ritmi complessi ma non troppo, se fosse solo un po’ meno pop
e un po’ più prog non sarebbe male. “Doing Just
Fine” racchiude tutti i concetti che ho cercato di esprimere,
la musica è solare, il testo parla di un clima di pace, felicemente
antimilitare, e in sottofondo c’è un fischiettio che
mette voglia di passeggiare in un viale sotto un cielo azzurro senza
nuvole. Questa atmosfera poppeggiante pervade tutto il disco, che
presenta una buona unità compositiva, che si regge su belle
melodie e ritmi mai banali, ma che non ha abbastanza vigore e personalità,
in fondo il carattere prog è stato un po’ messo da parte
a favore di una fruibilità d’ascolto, che rende sicuramente
piacevole il disco, ma che anche lo impoverisce, una prova di maggior
carattere sarebbe stata preferibile.
I Brother Ape restano una band da tenere d’occhio, sono indiscutibilmente
bravi, ma questo album lo considero un po’ un passo falso nella
loro bella discografia, il pop inglese lasciamolo fare agli inglesi.
GB
Altre recensioni: Shangri-La; III;
Turbolence; A
Rare Moment of Insight
|