Confrontarsi con Copernicus è sempre una sfida, il suo stile
declamatorio e disturbante è scomodo e fastidioso, può
irritare, graffiare l’anima, di sicuro non lascia indifferenti,
si può solo amarlo od odiarlo profondamente, nessun compromesso,
nessuna concessione ad un ascolto facile.
Attorniato dal solito stuolo di musicisti, in questo disco se ne contano
ben ventotto oltre a Copernicus, il nostro poeta esplora l’universo
più o meno interiore. In realtà più che di un
album si tratta di una raccolta di brani in parte live e in parte
registrati in studio realizzati in diversi anni. Si parte con “Oh
God!!!!!!!!!!!”, con il titolo che viene ossessivamente ripetuto
per poco meno di un minuto, quella che inizialmente potrebbe sembrare
una preghiera diventa urlo di dolore e infine di rabbia, con in sottofondo
suoni che sembrano di guerra. “Son of a Bitch From the North”
parla dello scontro fra i centro americani e i nord americani, immagini
crude si alternano fra versi in spagnolo e altri in inglese e in sottofondo
il solito free jazz totalmente improvvisato. “Chichen-Itza Elvis”
è ancora contro il sogno americano, un brano delirante che
cita luoghi sacri dal Messico alla Grecia classica alla Persia (attuale
Iran). “Disco Days Are Over” è stata realizzata
con un gruppo di folk irlandese e si sente l’incedere tipico
della musica folk, il contesto musicale poetico contrasta con la declamatoria
quasi isterica di Copernicus e crea un’atmosfera insolita. Ogni
brano a modo suo è diverso dagli altri eppure sono tutti simili,
ovviamente il booklet è fondamentale per districarsi in questo
disco, che va meditato più che ascoltato.
Copernicus, poeta, profeta, filosofo o solo un folle visionario? Sicuramente
è un personaggio scomodo, come lo sono stati tutti quelli che
non si sono voluti conformare alle regole, di certo una voce fuori
dal coro e questo di per sé è già un merito.
GB
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