Rock Impressions

Copernicus - Nothing Exists
COPERNICUS - Nothing Exists
Moonjune
Distribuzione italiana: IRD
Genere: Avantgarde
Support: Lp RCA 1984 - CD Moonjune 2010


Il performer poet Copernicus ha esordito la sua carriera discografica con questo titolo nei lontani anni ’80, accompagnato da una squadra di ben tredici musicisti, che improvvisano sui suoi versi. Vi abbiamo già parlato di questo visionario profeta di fine millennio in una precedente recensione, quindi non vorrei ripetere concetti già espressi, ma Copernicus ci invita a riflettere su temi importanti della vita, direi quasi essenziali, perché esistiamo? Esistiamo? Qual è la nostra percezione dell’esistenza? Ci comportiamo da persone che percepiscono di esistere? Ovviamente Copernicus non sposa nessuna risposta, ma istiga interrogativi, ironizza su vizi e difetti e svela ipocrisie e per introdurci in questo percorso si presenta con una canzone d’amore, potrebbe sembrare strano o banale, ma niente in questo personaggio è banale o prevedibile.

“I Won’t Hurt You” quindi è una canzone d’amore costruita su una base reggae rallentata, ma non è necessariamente amore per una donna, sembra più amore verso l’ascoltatore, con cui Copernicus vuole entrare in relazione e dice appunto “non voglio farti male”. Perché le parole che seguono e anche la musica che accompagna non sono così serene come in questo pezzo dal sapore caraibico. Infatti ecco subito dopo arrivare l’apocalittica “Blood”, schegge di follia visionaria ci investono ed è un bagno di sangue. Poi si scende ancora di più in un panorama catastrofico, Copernicus apre “I Know What I Think” con la frase “Let the musicians declare war!”, ritmiche dure e tirate, suoni acidi e graffianti, il testo è povero, non ci sono molte parole, ma quella più significativa è “I want you to change”, c’è dentro tutto il messaggio di Copernicus. “Quasimodo” ci presenta l’artista nel suo contesto più delirante, Quasimodo in fondo è un alter ego di Copernicus e l’autore spiega il suo progetto con un tono di dolore e di disperazione che disarmano l’ascoltatore, anche i suoni sono duri come le parole, in fondo è un grande grido di autoaffermazione, che divide l’essere che vuole esistere da chi si lascia esistere. Il viaggio continua con “Let Me Rest!”, anche se c’è ben poco di riposante, una lunga performance che graffia come carta vetrata le nostre coscienze. Ma non basta, per risvegliare le nostre assopite interiorità ecco arrivare “Nagasaki”, la follia nucleare, ma alla fine c’è spazio per una pace… ma ancora una volta non è chiaro se la pace segue l’annichilimento totale o se è una speranza futura. Ed ecco la conclusione “Atomic Nevermore”… per un mondo non basato sull’illusione, per un’esistenza vera.

Chi si fermerà ad ascoltare Copernicus? Non certo l’ascoltatore distratto… lo zombie, ma chi ci tiene a non conformarsi ai tanti morti viventi che ci circondano si lascerà provocare dalle visioni folli di questo scomodo profeta. GB

Altre recensioni: Disappearance; Live! In Prague; Deeper

Sito Web


Indietro alla sezione C

Flash Forward Magazine

 

Ricerca personalizzata

| Home | Articoli | Interviste | Recensioni | News | Links | Chi siamo | Rock Not Roll | Live | FTC | Facebook | MySpace | Born Again |